Tenerti a memoria come chi scompare...
Stefano Raimondi chiude - con questo nuovo libro - il lungo cammino della sua Trilogia dell' abbandono, iniziata nel 2013 con , Per restare fedeli ,continuata quattro anni più tardi con Il cane di Giacometti e giunta ora al suo pieno compimento. L' abbandono che origina la Trilogia sarà - come sempre accade nella poesia dell' autore - un' esperienza concreta e dolorosamente vissuta, ma tuttavia non c'è nulla in questi libri di eccessivamente soggettivo, perché la scrittura non ha nessuna intenzione di farsi confessione o esibizione : al contrario, essa ambisce a trasformare il dato soggettivo in terreno comune, il pegno pagato dall' Io in riflessione sull' essere di tutti.
E siamo tutti qui
per allevare e crescere qualcuno
che duri, che resti, che faccia
qualcos' altro delle nostre ossa
del nostro bianco triturato a colpi d' aria
che dica tutto a qualcuno che venga
ancora e dopo e dopo ancora e sappia
raccontarci dei profili delle cose
tolte a poco a poco dal sangue
dal rimbombo di un bacio sceso
dalla bocca alla gola.
***
Ci sono istanti che a capirli
non raccontano più nulla,
ma fanno strade, piazze, facciate
dove appendere finestre, balconi
ringhiere e non sapere quale sia
la porta, il modo di fare stanza, bocca :
l' abbraccio che fa restare stretti
fino al mattino, senza chiedersi niente
semplicemente, senza niente.
***
Tenerti a memoria come chi scompare
come l' insistere delle ferite sotto
le cicatrici, come fossi solo tu
il taglio, il sangue, il sale.
Ma non è questo il vero
il patto fatto a neve appena sciolta.
Si tengono vicini gli orli della sete
i baci, come gli annegati
la loro bolla d' aria.
***
Si tengono le parole
strette come salvagenti.
L' avresti ripetuto
un giorno intero, aggrappandoti
tremando per il silenzio arrivato
fino alla gola e tu non lo sapevi
ancora, delle bracciate fatte controcorrente.
L' avresti cercato dall' altra parte
l' orizzonte, se non ti fosse
mancato il fiato.
Si giunge a riva sempre
come da una prima volta, sempre
con un respiro tolto in più, da benedire.
***
Dimmi da quale grazia partire
per rendere conto alla luce
alle tue mani, al fiato slegato.
Eppure ti ho creduto fino alla fine, fino
a quando il capogiro non si è fermato
sopra un' alleanza tolta dalla carne.
Ti ho creduto senza che nessuno
lo sapesse del giorno tolto, piano piano
dalle lenzuola, dai bordi della casa.
***
Si cominciano così le preghiere :
a testa alta, con le mani premute
sulle gole, come per non morire mai.
...eppure non lo si sapeva
di essere perdonati, di tornare
a fare i conti con le ore serene
con i respiri perduti tra le gambe
che non fossero le nostre, quelle
sbandate verso il basso, verso l' inferno.
***
I perdoni si chiamano per nome :
si tengono vicini come le barchette
- inseguite nelle vasche dai bambini -
che si allontanano, si sgridano
che si guardano nei cerchi perdonarsi
come da rotte fuoribordo
scendere, scendere e non sai più
se aspettarle dall' altra parte
o credere ai fondali.
***
Siamo qui e non possiamo dirci
cosa abbiamo amato la prima volta
cosa c'è rimasto in cambio quando
l' acqua ci è arrivata addosso come
un tempo e si sono arrese
in un dirupo d' ossa
le nostre boe girate piano.
Fanno appelli le carezze
dei volti che si scordano
uno dopo l' altro, in fila
e poi è un imploro solo
a ritornare come una marea.
***
E non si osava più neppure vedere
il niente, il torto, il dolore
di un seme uscito a fiotti.
Lasciamolo il male del perdono
il rancore, con il suo secondo
in più per l' odio.
***
Ho visto cose strane dentro il giorno
respiri portati a mano, doglie gentili
sguardi scambiati per carezze
e una donna seduta all' Ipercoop
che allatta senza date, marche
senza scontrino e di continuo
preme la mammella con le dita
e non suona nessun allarme
quando esce, quando
non ha rubato niente.
E' così l' amore.
Stefano Raimondi da L' Atalante