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venerdì 31 agosto 2018

IO, O FORSE UN ALTRO 1

 
 

                                                  Avevi un tuo modo di parlare d'amore…


I RIAMATI

I sogni ( è noto a tutti ) sono fragili di fianchi,
hanno ossa sottili e poca resistenza.
Avevi un tuo modo di parlare d'amore.
Le donavi le belle giacche che avevi indossato
( le stava d'incanto quel taglio maschile )
e uno dopo l'altro nelle tasche vuote
le avevi lasciato tutti i sassi degli anni.
A lei questo piaceva.
Per lei coltivavi il medesimo abbraccio
che immancabilmente la stupiva,
mentre di spalle ti sentiva arrivare.
Ascoltava i tuoi cuori che tornavano a pulsare
sulla tastiera cupa, come appena riamati.
A lei questo piaceva.
Ogni sonno ti dormiva nel petto
con qualcosa di suo. La parte migliore
le avevi donato, non tutto.
L'equilibrio avrebbe dondolato
inevitabilmente instabile. Non fu abbastanza,
se non nei sogni gracili dei fianchi.


                                   ***


CARACAS

Ti chiamerò Caracas - la prediletta -
lo scheletro sinuoso che si flette
armonico, tutt'uno alle speranze,
fino al cuore bizzarro del troppo desiderio.
Caracas. La biancabruna nei capelli magici,
la struggente ballerina senza direzione.
Già solo mentalmente nominandoti
ti darò la vita ( nel luogo in cui genero mitici fantocci )
e alla sera stretta al mio fianco, con la corona
di fiabe che ti farebbe scudo,
ti guarderò con occhi obliqui,
appena una domestica sensazione di colpa,
e saprò stupire di saperti viva,
ma, ancora di più, felice.
Saremo gli inesistenti, i non più fragili.
Un giorno porrò fine ad ogni turbamento,
fosse solo per capriccio,
e a tutte le nostre vite presunte.
Ma non cederò quando - togliendoti la vita -
mi griderai d'incanto che anch'io non esisto.


                             ***


ACQUA

Se proprio dovessi sfilare un osso
dallo scheletro degli anni
da sotterrare con l'istinto del cane.
Se proprio dovessi scegliere una verità
( di quelle che appaiono essenziali )
avrei visto - per quanto mi riguarda -
proprio il suo fianco quando curva,
l'argine della riva.
Da avere almeno una certa direzione,
un lato in cui stare:
un semplice passaggio
tra la ghiaia del greto e il trifoglio fibroso.
Un lembo d'acqua, non altro,
che solleva lo sguardo al suo lungofiume,
di tanto in tanto, prima di passare.


                                ***


POESIA SENTIMENTALE DI UN GIOVANE LADRO

" Le mie idee non sono le vostre.
  Non è vostra la mia volontà "

Sento solo l'assenza che lacera alle caviglie
come il morso che stringe dei cavalli.
Ad un tratto, in un certo punto,
riconosciamo il dolore oscuro
e la parola…" mai più …"
Ci aiuterebbe, è un attimo,
separaci dal corpo e rimanere
all'ombra di noi stessi, di ciò che resta
e custodi di tutti gli assensi,
il legame implacabile.
Ora comprendo che vengo da te
qualunque cosa io sia
e come i grani di un rosario greco
gioco a sognare
del mio vecchio desiderio.


                             
                 Giovanni Nolfe   da   Io, o forse un altro


IO, O FORSE UN ALTRO 2



IO, O FORSE UN ALTRO

Io, o forse un altro
o addirittura entrambi
stiamo fra di voi
dissimulati. Ai bordi.
Quando scandagliamo il fondo
per frammenti di anime,
per le scorie emotive
rimaste fulgide
solo ai nostri occhi,
da guardare e riguardare,
da sezionare
ai microscopi affettivi
e poi catalogare
tra gli incantesimi,
nella sezione amori , e poi
nel più ampio oblio.
Questa lingua è intraducibile.
Impossibile che il mondo
vi sia compreso.


                        ***


LA STAGIONE PRIMAVERA

Quante volte è ricominciare? Dalle gemme
dai polsi a risalire, dalla vertigine del giorno
che si allunga a strappi, i muscoli affamati
e che dà alla testa. La tua struggente,
confusa primavera, dalle porte
socchiusa alla vaghezza. Tutto
fu reso possibile, tutto dimenticabile.
Tutto il tempo poteva diventare.


                         ***


LA STAGIONE ESTATE

Cosa serbi dell'estate e di tutto
quell'azzurro accatastato?
" Troppa luce, troppa per la tua natura",
dicesti. Malinconica. " Dovrai partire,
alla ricerca di un'altra stagione".
E sono andato, obbediente
alle necessità. E ancora non so
cosa serbasse l'estate, e il senso dell'azzurro.



                      ***


LA STAGIONE AUTUNNO

Brilla di un'amata lontananza
un punto d'oro più sottile
e la sua scheggia di vita.
Qui, dalle finestre opache
resta immensa la distanza,
lo scintillante autunno degli altri.
Eppure c'è una luna intorno a noi,
e il poco sole, e il colore ramato.



                    ***


LA STAGIONE INVERNO

Aspettammo dell'inverno l'abito essenziale,
il fianco brullo, la poca rabbia.
Lo sognammo nell'ultima
possibile fattura, nei pochi
metri della stanza: i cani
che ci saltavano sui letti
coi nasi umidi della buona salute.
Fu l'inverno del vivere, del non morire.



                Giovanni  Nolfe   da       Io, o forse un altro