(..) E' il 2 Settembre 2015. Scoprirò poi che il bambino si chiamava
Alan Kurdi ed è morto annegato durante la notte del naufragio
del gommone che doveva portare lui e la sua famiglia da
Bodrum, in Turchia, all'isola greca di Kos. Il poliziotto che ne
raccoglie il corpicino è un padre di famiglia, con bambini quasi
dell'età di Alan, forse destinato a portare per sempre dentro di
sé tutto quell'orrore.
Le foto del bambino faranno il giro del mondo e del web,
provocheranno conseguenze, dichiarazioni e scelte politiche.
Un'ondata di rielaborazioni e commenti alla foto più diffusa,
monopolizzerà Twitter e le indagini sui motori di ricerca. Non
mancheranno ricostruzioni e polemiche sulla famiglia di Alan,
sulla scelta del padre di intraprendere il viaggio fatale, sull'
immigrazione e sui suoi rischi. Artisti di ogni Paese
rielaboreranno in vario modo l'immagine del corpicino
abbandonato, riproponendola così alle coscienze di milioni di
abitanti del pianeta. " Morte di Alan Kurdi" diventerà una voce
di Wikipedia. I primi anniversari del naufragio verranno
ricordati dai quotidiani. La curiosità, la compassione, la
volontà di riscatto e di reazione che l'onda emotiva scatenatasi
sui media ha stimolato e suscitato, dimostrano che a volte -
nei grandi dolori come nelle grandi gioie - possiamo essere
tutt'uno, provare una sorta di compassione universale,
comprendere con un'improvvisa intuizione il nostro comune
orizzonte, la nostra comune radice . (…)
Fausto Colombo da Imago Pietatis ( Indagine su fotografia e compassione )
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