" Lo zio Rudi " di Gerhard Richter
(…) L'arrivo della fotografia ha modificato radicalmente il rituale
della seduta di posa, accorciando o in alcuni casi cancellando
la relazione fra artista e modello.Warhol è stato l'esito più noto
di questo cambiamento: la carta stampata gli permetteva di
cogliere l'estemporaneità della cronaca e la sua Polaroid era
lo strumento prediletto per "catturare " la lunga fila di
celebrità, uomini d'affari, collezionisti ed ereditiere da cui poi
nascevano poi i suoi quadri. Un rapporto dunque non più
diretto, ma mediato sia dalla distanza tecnologica che dallo
spazio, ora non più condiviso fisicamente, ma che al tempo
stesso ha contribuito ad allargare il bagaglio delle possibilità.
Percorrendo questa strada, l'epoca moderna è diventata l'unica
in cui un artista come Gerhart Richter ha potuto trasformare
una piccola foto in bianco e nero dello " zio Rudi" in un ritratto
tra i più iconici del Novecento, grazie al fatto che il parente
sorridente in quell'immagine scattata negli anni Trenta vestiva
in realtà l'uniforme dell'esercito nazista, circostanza che
trasformava l'opera in un messaggio politico e culturale
universale.
Thomas Macho, filosofo delle civilizzazioni e antropologo dei
media, ha scritto che viviamo in una " società facciale " che
produce volti senza sosta. I settimanali e i mensili sono stati i
primi ad intuire l'importanza di mettere un volto in copertina,
al punto che oggi - a ogni angolo di strada, su ogni tabellone -
la pubblicità ci insegue con centinaia di visi e, " senza un volto,
nulla osa più invadere lo spazio riservato alle affissioni". Basta
poi chinare la faccia sul cellulare o sul pc e anche qui veniamo
travolti da ritratti e selfie, la versione contemporanea dell'
autoritratto.Il teorico dell'arte Hans Belting precisa - a questo
proposito - che il passaggio a Internet ha fatto sì che il volto
pubblico, cioè noto a tutti, non sia più l'espressione di una data
classe sociale dal momento che la celebrità non è più
esclusivamente una questione di statura o di conseguimenti all'
interno della reputazione pubblica, ma di semplice diffusione.
L'evoluzione del ritratto segna dunque di pari passo i
cambiamenti della società, ma l'artista non si limita ad
assecondarli. Poiché nel XXI secolo il ritratto celebrativo non è
più possibile, e poiché nello stesso tempo ogni ritratto è
possibile attraverso un telefono, l'artista cileno Alfredo Jaar ha
pensato di immortalare il fotoreporter Kevin Carter in un modo
completamente diverso dalla lunga tradizione del passato, e
cioè attraverso un'istallazione: in una stanza silenziosa e buia,
illuminata dalla proiezione di sintetiche frasi che raccontano la
tragica storia di Carter, il cui volto- però - non appare. Nell'
abbondanza di ritratti offerti dalla contemporaneità - infatti -
all'artista non resta che mettersi di lato, fermarsi e raccontare
una storia come l'unico modo ancora possibile per smascherare
un volto e restituire al ritratto il suo ruolo di rivelazione. (…)
Francesca Bonazzoli e Michele Robecchi da Smascherati ( Storie e segreti dietro ai ritratti più famosi )
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