mercoledì 9 ottobre 2019
LA MADRE E LA FOLLIA IN MELANIE KLEIN 2
(…) La speranza di essere capiti del tutto, riunendo le parti scisse e
incomprese dell' Io, si può esprimere talora tramite la fantasia
di avere un gemello. Questa speranza può anche assumere la
forma di un oggetto interno idealizzato, che merita una fiducia
assoluta. Al contrario, quando l'integrazione delle parti dell'Io
resta inaccessibile,si instaura la sensazione di non- integrazione
o di esclusione e ci si convince di non appartenere a nessuna
persona o gruppo di persone. Oppure ci si può difendere dall'
eccessiva dipendenza nei confronti dell'oggetto esterno fuggendo
verso l'oggetto interno; ne deriva - in certi adulti - il rifiuto di
ogni scambio amichevole.
Un tono nostalgico, pacato e autunnale, impregna questo ultimo
testo ( " La capacità di essere solo ", n.d.r. ), che passa in
rassegna i sintomi schizo- paranoici e maniaco- depressivi dell'
isolamento, per ripiegare - alla fine - su un vissuto universale.
L' esperienza drammatica della solitudine vira, alla fine, verso
un sentimento onnipresente di abbandono, che si rivela quasi
una conoscenza lucida della nostra condizione di esseri
separati, respinti da un paradiso che era invece un inferno, ma
che il nostro Super- Io non smette di idealizzare per convincerci
meglio che abbiamo un debito con l'impossibile.
Lungi comunque dall'essere rassegnata, Melanie Klein conclude
che - in effetti - la solitudine è il nostro inevitabile destino, ma
anche che - in fin dei conti - è un'opportunità. Ammetterlo non ci
rende più felici, ma certamente più sereni, perché più veri e, forse,
più disposti all'accoglienza - senza che, tuttavia, cessiamo di
essere soli. Da soli, possiamo far sì che la conoscenza analitica
delle nostre solitudini sia condivisa. Il Super- Io draconiano
consegna il testimone all'ideale dell' Io, di cui la Klein non parla
molto, ma che si profila nella ricomparsa del " seno buono " e
della sua interiorizzazione (…)
Julia Kristeva da Melanie Klein ( La madre, la follìa )
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