giovedì 25 aprile 2019

LE LETTERE DI ANNA AD ANDREA 3



Como, 4 Luglio 1885

(…)Sono imbarazzata a scriverti perché debbo transigere con la
      mia coscienza dandoti un resoconto dettagliato della mia vita.
      Non volevo parlarti di me, e non perché io senta la necessità di
      nasconderti alcuna cosa, ma perché mi ripugna di subire una
      tutela continua e non sento l'obbligo di rendere conto delle mie
      azioni quando i diritti reciproci determinati dall'affetto non
      esistono più. Ma tu- a quanto pare - sei preoccupato dell'eterno
     " qu'en dira- t'on " e non ho nessuna difficoltà a tranquillizzarti,
      assicurandoti, che mentre la mia dignità mi preoccupa assai di
      osservarla,  la dignità tua non è, e non sarà lesa da nessun atto
      della mia vita. Mi meraviglio che tu mi accusi di    nuovo,
      e  senza   fondamenti , di ipocrisia, mentre tu sai per tua 
      esperienza quanto sia facile accusare ingiustamente
      basandosi su qualche semplice apparenza. 
     Qui vivo come vivo dappertutto, cioè come Kuliscioff; a Napoli
     non fui già io che feci credere che Costa fosse mio marito, anzi
     dappertutto facevo capire che non lo sono e gli studenti perfino
     mi chiamarono sempre la signora Kuliscioff. E' vero che dinanzi
     alla padrona di casa ti chiamavo " mio marito" per rispetto alle
     loro opinioni e perché non sempre si può rispettare l'opinione
     della gente da cui si vive, e non per altruismo - certo - ma per
     puro e semplice egoismo: così qui dove i nostri rapporti non
     sono conosciuti o rammentati, non credevo e non credo
     necessario di parlare delle nostre relazioni passate, che del
     resto parrebbero uno scandalo alle persone fra le quali vivo.
     La tua venuta sarebbe quindi estremamente inopportuna per
     ambedue e mi metterebbe in condizioni difficili; né l'accoglienza
     che in queste condizioni potrei farti sarebbe piacevole  a te
     dinanzi a quel mondo di cui ti preoccupi tanto.Sei rimasto molte
     volte per molti mesi senza vedere la bambina: mi pare che
     potresti aspettare anche questa volta fino al mio rientro a
     Milano. Se però tu volessi assolutamente vedere la Ninuccia,non
     sarebbe altro modo che passare qualche giorno dopo il mio
     ritorno dall' Austria ove andrò fra giorni e trovarci per il giorno
     stabilito a Milano. Tu parli di ipocrisie e di dignità minacciate,
     io mi domando se sarebbe meno ipocrita o più dignitoso di
     continuare dinanzi agli altri le apparenze della nostra unione
     che in realtà no esiste più. E' certo che non mi sarà possibile di
     regolare ogni mio passo secondo i tuoi desideri: dovrei allora
     rinunciare alla mia libertà, simulare una soggezione che non è
     umiliante soltanto quando è reciproca e determinata dall'
     intensità dell'affetto. Non vorrei che queste parole ti suonassero
     amare, mentre ti scrivo tutto ciò per compiacere ai tuoi desideri
     e calmare i tuoi timori. Né io, né tu abbiamo colpa di quello che
     è stato conseguenza dei nostri temperamenti e delle condizioni
     in cui vivevamo.Ma certo avremmo colpa se volessimo ribellarci
     contro le fatalità, che sono conseguenze del passato, e voler
     mascherare vincoli artificiali. Se il tuo desiderio, che sarebbe
     meglio di essere morti l'uno per l'altra non è realizzabile per
     quella parte di legame che mantiene fra noi la bambina, credo
     che possiamo almeno soddisfare a quel diritto di libertà
     individuale e a quel bisogno di sincerità che è nelle nostre idee
     e nei nostri sentimenti. A questo patto anche il raffreddamento
     non genererà disgusti; non ucciderà - spero - la benevolenza.
     E con questo desiderio ti saluto e ti stringo la mano


                                        Anna   (…)


Anna Kuliscioff  da   Lettere d'amore ad Andrea Costa 1880- 1909


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