domenica 23 aprile 2017

L'ESPERIENZA DEL DISTACCO 4



(...)  Secondo Meyer, analoghe esperienze di limiti, paragonabili a
       esperienze di fusioni erotiche o mistiche, possono verificarsi
       anche spontaneamente, per esempio in sogno.
       In questo contesto, Jung parlerebbe di esperienza dell' Io,
       intendendo l' Io come unità e totalità della personalità, che va
       ampiamente oltre l'esperienza cosciente e che, in particolari
       momenti, può venire vissuta sia in sogno sia in seguito ad un
       fatto della vita quotidiana, come un abbattimento dei confini
       dell' Io, come una sensazione di totalità. Essa può anche venire
       vissuta come un'eliminazione dei limiti temporali cosicché in
       quel momento, che viene vissuto come atemporale, convivano
       tutto il passato e tutto il futuro. L'esperienza di totalità dà la
       sensazione di venire portati, di venire presi, è datrice di senso.
       Il risveglio da questa esperienza non l'annulla, ma la
       solitudine dell' Io, il suo venir abbandonato di nuovo a se
       stesso, ora viene vissuto dolorosamente; inizia il lutto per la
       perdita di questo stato di interezza, segnato dalla nostalgia per
       la pienezza dell'esperienza svanita, e nasce il desiderio di
       morte come mezzo per conquistare la perduta totalità.
       Alla base della psicologia jughiana sta il concetto che vi è una
       tensione tra l'esperienza del Sé, della totalità, dell'essere fusi
       con qualcosa di superiore a noi, che dà significato, che prende
       e fa sentire presi, e l'esperienza dell' Io che ha poca continuità,
       che è mortale; l' Io deve rapportarsi con il Sé senza farsi però
       paralizzare dal suo fascino, senza cedere con facilità al
       desiderio di morte, dovendo e potendo invece realizzarsi.
       Mi pare che questo spieghi perché Jung, contrariamente a
       Freud, non abbia postulato alcun istinto di morte. Forse si
       potrebbe dire che in questo concetto del Sé si fonde, con l'
       esperienza di morte, anche il maggior aumento di libido e il
       maggior istinto vitale possibile.
       In proposito sono interessanti i lavori di Grof e Halifax, che si
       occuparono della terapia di malati terminali di cancro e che
       contemporaneamente sperimentarono su se stessi gli effetti
       dell'  LSD. Constatarono che nei pazienti, che sotto l'effetto
       della droga avevano fatto l'esperienza " della morte dell' Io",
       della rinascita e dell'unità cosmica, si verificavano notevoli
       trasformazioni del concetto di morte e dell'atteggiamento nei
       suoi confronti. La morte perse la sua componente di orrore:
       essi accettarono l'eventualità di una continuità oltre la morte
       e svilupparono una forte fede nell'unità finale di tutta la
       creazione. Queste " visioni cosmiche" possono essere poste in
       relazione con la percezione del Sé, come Jung ha
       ripetutamente notato. La simbiosi con il Sé avrebbe dunque
       un aspetto curativo e significante.
       E' facile trovare il modo di uscire dalla simbiosi: se ne esce
       sempre involontariamente, come dall'esperienza religiosa.
       Proprio per questo il desiderio di simbiosi può essere
       pericoloso. Ravviso un simile desiderio di simbiosi con il Sé
       nella tossicomania . (...)


           Verena  Kast    da    L' esperienza del distacco

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