domenica 4 agosto 2019

OSSI DI SEPPIA

 
 

                                      Cerco il pegno ch'ebbi in grazia da te…


Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah, l'uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l'ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un
ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti:
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.


                                                ***

Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l'accartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.
Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua della sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.


                                              ***

Cigola la carrucola nel pozzo,
l'acqua sale alla luce e vi si fonde.
Trema un ricordo nel ricolmo secchio,
nel puro cerchio un'immagine ride.
Accosto il volto a evanescenti labbri:
si deforma il passato, si fa vecchio,
appartiene a un altro…
Ah che già stride
la ruota, ti ridona all'atro fondo,
visione - una distanza ci divide.


                                             ***

La speranza di pure rivederti
m'abbandonava:

e mi chiedo se questi che mi chiude
ogni senso di te, schermo d'immagini,
ha i segni della morte o dal passato
è in esso - ma distorto e fatto labile -
il tuo barbaglio :

( a Modena, tra i portici,
un servo gallonato trascinava
due sciacalli al guinzaglio ).


                                            ***

Lo sai: debbo riperderti e non posso.
Come un tiro aggiustato mi sommuove
ogni opera, ogni grido e anche lo spiro
salino che straripa
dai moli e fa l'oscura primavera
di Sottoripa.

Paese di ferrame e alberature
a selva nella polvere del vespro.
Un ronzìo lungo viene dall'aperto,
strazia com'unghia ai vetri. Cerco il segno
smarrito, il pegno solo ch'ebbi in grazia
da te.
E l'inferno è certo.




                      Eugenio  Montale       da       Ossi di seppia

2 commenti:

  1. Risposte
    1. Hai ragione.
      E non poteva mancare in un blog di poesia un simile capolavoro.
      Grazie per il passaggio.

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