sabato 23 maggio 2020
IL NOSTRO EPITAFFIO...
...PER I FIGLI DEL ' 40.
Milano, 15 Aprile 2020
(...) Erano nati con la Guerra mondiale e sono morti a causa della
pandemia globale. Erano sopravvissuti alle bombe, alle
deportazioni e sono stati finiti da un'infezione polmonare. Si
erano affacciati alla vita sotto l'oppressione di Hitler e
Mussolini e l'hanno lasciata sotto il segno di un acronimo
impersonale, il Sars-CoV-2.
Furono battezzati con il fuoco di un mondo in fiamme e
moriranno senza l'estrema unzione in una desolata, asettica
corsia d'ospedale. Non esistono destini migliori o peggiori di
altri, esistono solo destini. Quello della generazione falciata in
questa settimana dal virus merita, esige il nostro compianto, il
nostro tributo di dolore collettivo. I parenti delle vittime non
devono essere lasciati soli a piangere i loro morti, perché essi
sono i nostri morti. Essi sono i compagni di una vita; essi sono
i padri della nostra gioventù; essi sono i nonni dell'infanzia
dei nostri figli.Tra le decine di migliaia, i più avevano 80 anni.
Furono i bimbi del Quaranta, figli dell'apocalisse, nati nell'
ora " segnata dal destino "; furono i ragazzi della speranza, gli
uomini della ricostruzione, i vecchi della delusione.
" Se ne vanno ", si legge su di un appello che circola in rete, "
se ne vanno mesti, silenziosi, come magari è stata umile e
silenziosa la loro vita fatta di lavoro, di sacrifici. Se ne va
una generazione, quella che ha visto la guerra, ne ha sentito
l'odore e le privazioni. Se ne vanno mani indurite dai calli,
visi segnati da rughe profonde, mani che hanno spostato
macerie, impastato cemento, piegato il ferro, in canottiera e
cappello di carta di giornale. Se ne vanno quelli della
Lambretta, della Fiat 500, dei primi frigoriferi, della
televisione in bianco e nero.Ci lasciano avvolti in un lenzuolo,
come Cristo nel sudario, quelli del boom economico che con il
sudore hanno ricostruito questa nostra nazione, regalandoci
quel benessere di cui abbiamo impunemente approfittato. Se
ne va l'esperienza, la comprensione, la pazienza, la resilienza,
il rispetto, pregi ormai dimenticati ".
Il destino molto ha dato agli uomini e alle donne di questa
formidabile e sciagurata generazione, e molto ha tolto.
Appartennero alla leva più ariosa del secolo; scalarono l'
esistenza con il fiato immenso di un ciclista in fuga, ma hanno
esalato il loro ultimo respiro spolmonati. Nacquero spesso in
stanze malsane, mal aerate, poco illuminate, terranei, case di
ringhiera, poveri cascinali,ma sempre affollate, vocianti, dense
di vita e poi - però - sono morti da soli, protetti, isolati e al
tempo stesso abbandonati da un necessario e impietoso
protocollo sanitario.
E' terribile andarsene senza un volto amato da poter
contemplare. Non si può immaginare morte peggiore. Eppure,
questo è stato il loro destino in una primavera senza gioia.
Ci sono parole per piangere i defunti e ci sono parole per
consolare i viventi. Le seconde non sono possibili se non sono
state recitate le prime . (...)
Antonio Scurati da C'è un posto nel mondo... Siamo noi.
Etichette:
Antonio Scurati,
dolore,
morte,
solitudine,
Tempo di Coronavirus
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento