domenica 3 novembre 2019

L' OLMO DI VILLALTA 2



(…) Allora ero abbastanza grande - l'ho già scritto - per soffrirne e
      allo stesso tempo condividere l'esaltazione,ma non a sufficienza
      per rifletterci. Mi attraversò, mentre uscivo dall'infanzia e
      affrontavo le prove dell'adolescenza. Spesso la vita preferisce
      non scegliere le contraddizioni,ma le nutre e le trascina con sé:
      così per me l'abbandono dell'infanzia, le prime esperienze dell'
      adolescenza, con il confronto della scoperta e la violenza della
      novità. si specchiarono nella perdita del paesaggio dei primi
      anni e nell'impatto forte dell'ultimo e definitivo strappo che
      cancellava il mondo contadino. In breve: mi pareva il tracciato
      di un destino comune, mio e del paesaggio in cui vivevo.
      E se così doveva essere, era una via da percorrere senza
      rimpianti. I rimpianti non arrivarono neppure dopo e anche la
      nostalgia - se affiorava - era un mondo dell'infanzia che con
      l'infanzia poteva rimanere lontano e favoloso.
      Solo più tardi, quando ero già avviato agli studi universitari  -
      alla fine degli anni settanta - mi persuasi con sempre maggior
      convinzione che per comprendere il motivo della mia costante
      inquietudine,avrei dovuto guardare non più così tanto " dentro"
      me stesso, ma con maggior attenzione " fuori " di me, scrutando
      ciò che mi stava intorno e chiedendomi che cosa eravamo
     " insieme" - io e ciò che mi stava intorno - diventati.
       In quel momento però, di tutto il mondo della mia infanzia e
       della mia adolescenza, era rimasto solo l'olmo grande sul
       confine dei campi,dove si stagliava nelle giornate limpide sullo
       sfondo disegnato dalla corona azzurrina del monti.  (…)



                      Gian  Mario  Villalta      da    L' olmo grande


Nessun commento:

Posta un commento