martedì 7 marzo 2017

OVIDIO : L'AMORE COME GIOCO



(...) Ovidio, il più giovane, il più sbrigliato e apparentemente
      superficiale dei poeti elegiaci latini,  fu l'unico  ad " aver messo
      su famiglia", anzi, ad aver avuto tre mogli ( successive ), ma a
      quanto ci è dato sapere, una sola figlia.
      La vocazione libertina di questo autore è prepotente e insieme
      aggraziata: i toni del suo poetare sono sempre lievi e i versi
      corrono limpidi e fluidi come ruscelli . Per il resto, Ovidio può
      insegnare L' Arte di Amare, che significa l'arte di sedurre e
      suggerire con disinvoltura i vari Rimedi d' Amore, ma
      soprattutto può giocare con le più diverse situazioni erotiche,
      scrivendo gli Amori, un vero e proprio diario del proprio
      libertinaggio, raffinato come una poesia callimachea e quasi
      sempre privo di tormenti amorosi che non siano quelli di una
      conquista meno facile delle altre; sensualissimo ma mai osceno
      e soavemente cinico, cioè assolutamente privo di scrupoli, ma
      alieno da qualsiasi cattiveria o ipocrisia che non siano quelle
      strettamente necessarie ad ottenere i favori di una bella signora
      o di una deliziosa ancella. Eleganza, misura, garbo, sensualità
      e divertimento costituiscono l'essenza di questo gioco, da cui
      ogni travolgente passione viene bandita, e cui si può
      partecipare con l'abbandono di chi sa di non essere mai
      ingannato dall'autore di un libro perfetto come questo.

      Brano estratto dall' Elegia IV del Libro I delle   Metamorfosi:

" Il tuo amante si recherà anch'egli al nostro stesso banchetto;
  e prego che questa sia l'ultima cena con lui.
  E dunque io guarderò soltanto da convitato la mia fanciulla
  diletta? Un altro godrà d'esser toccato da te
  e ti appoggerai al petto di un altro voluttuosamente arresa?

 Ti passerà la mano sul collo quando lo desidera?
 Cessa di stupirti se la candida figlia di Atrax  sospinse
 alle armi gli uomini biformi, deposte le coppe.
 Non dimoro nelle selve, né le mie membra si saldano a quelle d'un
                                                                                         cavallo.

 Mi sembra di potere a stento sviare le mani da te.
 Apprendi tuttavia il da farsi, non affidare agli Euri
 le mie parole, né dalle in preda ai tiepidi Noti.
 Vieni prima dell'amante; non so che cosa si possa
 fare, se vieni prima: ma vieni prima.
 Quando giacerà sul letto, andrai con volto modesto
 a distenderti accanto a lui: toccami di nascosto il piede.
 Guarda me, i miei cenni, l'espressione del mio volto,
 accogli e restituisci tu stessa i segnali furtivi.
 Con le sopracciglia ti dirò parole che parlino prive di voce;
 leggerai parole scritte con le dita o vergate col vino.
 Quando ti verrà in mente la lascivia del nostro amore,
 toccati con il tenero pollice le gote purpuree.
 Se vi sarà qualcosa di cui lamentarti di me,
 la morbida mano penda dal lobo dell'orecchio;
 se ciò che dico o faccio - mia luce - ti arrecherà piacere,
 gira continuamente l'anello al dito.
 Tocca con la mano la mensa come i supplici toccano l'altare,
 quando augurerai - giustamente - ogni male all'amante.
 Ciò che ti avrà versato, sii saggia, lascialo bere a lui
 e sussurra a uno schiavo la bevanda che desideri.
 Le coppe che restituirai, le prenderò io per primo e dove  
 avrai bevuto, lì poserò le labbra.  
 Se ti offrirà qualcosa assaggiata prima da lui,
 respingi quei cibi toccati dalla sua bocca e non permettergli
 di cingerti il collo con le sue mani indegne; non poggiare
 il tuo dolce capo sul rozzo petto di lui;
 né la piega della veste e i seni fatti per le carezze lascino
 passare le sue dita. Soprattutto non devi baciarlo.
 Se gli darai baci, mi manifesterò come tue amante e dirò:
" Questi sono miei " e porrò la mano
 su di te. Queste cose almeno le vedrò, ma quelle che cela
 la coperta mi saranno causa di cieco timore.
 Non unire la tua coscia alla sua, non aderirgli con la gamba,
 non congiungere il tuo piede delicato al piede grossolano di lui.
 Infelice temo molte cose che protervo ho compiuto anch'io
 e sono tormentato dalla paura del mio stesso esempio. "  (...)


             da   Amore e sessualità negli autori latini   di Luca Canali
 
 

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