giovedì 20 febbraio 2020
LASCIAMI ANDARE, MADRE 3
(...) Piove lento e desolato; l'asfalto della strada, davanti all'
albergo,scintilla tremulo alla luce del lampione ancora acceso.
A poco a poco, mentre quell'alba incerta si va svogliatamente
trasformando in un'umida mattina, comincio ad avvertire una
grande spossatezza; la mente invece è ben desta e attraversata
- a sprazzi - da pensieri tormentosi. Avrei bisogno di un caffè, di
un bel caffè forte all'italiana.
Oggi ti rivedo, madre, e questa prospettiva mi spalanca una
voragine alla bocca dello stomaco. Sono passati ventisette anni
dal nostro ultimo incontro. Ci sarà ancora qualcosa da salvare,
madre? Non è troppo tardi per qualsiasi cosa - anche solo per
cercare di capire, di perdonare, di imbastire un sia pur esile,
atrocemente tardivo rapporto tra madre e figlia?
" Apri le mani", dicesti.Non lo scorderò mai. Mi avevi trascinata
per un braccio, come per raccontarmi un segreto, nella camera
da letto del piccolo appartamento nel quartiere di Mariahilfe, e
avevi aperto un cassetto: un gesto antico, che prelude a un
regalo, non è vero madre?
" Apri le mani".E me le riempisti di anelli,di braccialetti, gemelli
da polso, ciondoli, spille, un orologio e un groviglio di collane e
collanine. Per un attimo guardai tutto quell'oro senza capire.
Poi capii, e fu come se mi bruciassero le mani. Dischiusi i palmi
e i gioielli tintinnarono sul pavimento. Mi fissasti sconcertata.
" Volevo farti un regalo" dicesti infine con feroce candore.
" Potrebbe servirti in caso di bisogno, non si sa mai nella vita".
" Non lo voglio " risposi. Tu allora cominciasti a raccogliere gli
oggetti, uno per uno, con accorata meticolosità. Quando
sollevasti delicatamente una catenina, ebbi un tuffo al cuore.
Era una di quelle catenine che si regalano alle bimbe per il loro
quarto o quinto compleanno, una cosetta apparentemente
leggera, ma di fattura assai pregevole. In quel momento un'
immagine si sovrappose con agghiacciante nitidezza a quella di
te che raccattavi il tuo oro: l'immagine di te che sospingi nella
camera a gas la bambina della collanina. Fu in quell'istante che
tutto si decise. Di una cosa fui certa : io, quella madre, non la
volevo. Quella madre che mai mi aveva cercata e che adesso
ignorava il mio bambino, solo nel soggiorno con un album da
colorare. Ricordo ancora la tua delusione indispettita: come mi
permettevo - io, tua figlia - di rifiutare un simile dono?
Ma davvero - madre - avevi creduto di potermi risarcire della
tua lunga latitanza con una mancita di oro?
" Sei proprio sicura di non volerli?" provasti un'ultima volta.
Quale ottusa, esacerbante insistenza! Con durezza ribadii il mio
no. Non provai neppure a spiegartene le ragioni: sarebbe stato
inutile. (...)
Helga Schneider da Lasciami andare, madre
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