mercoledì 9 gennaio 2019

FERMATA DEL TEMPO ( Prefazione )



(…) Lo confesso: nomi e cognomi agiscono su di me come
      allarmanti radiazioni;si insinuano nel mio cervello e risuonano
      volta a volta come lusinghe,esorcismi, implorazioni,proclami.
      Quando conobbi Stelvio Di Spigno( nel 2001 alla presentazione
      del Settimo quaderno italiano di poesia contemporanea a cura
      di Franco Buffoni ),le generalità di quel ventiseienne -nella mia
      testa- si associarono all'impressione che mi facevano i suoi
      versi e la sua presenza. Nel quinario  petroso e allitterante mi
      pareva di riconoscere i caratteri della sua poesia e della sua
      personalità: ai miei nervi, st e sp dicevano rigidità e iattanza, i
      uno stridìo, gn una torsione, una dolente contrattura.Nel nome,
      tornanti e rupi incombevano; spigoli e spine premevano nel
      cognome, dove nuotava - candido e superbo - un cigno
    mallarmeano.Allucinazioni morbose,certo.Ma i testi sembravano
     confermarle. Oggi, a distanza di più di un decennio, in questa
     Fermata del tempo , la mia fantasia delirante deve
     ricredersi. Di Spigno è cambiato.
     In questo nuovo libro, niente più spigoli e torsioni:un racconto
     sofferto, disarmante senza schermi, che va incontro all'amaro a
     viso aperto, raccogliendo ciò che resta degli anni. La musa di
     Di Spigno è - classicamente - figlia della memoria. Il suo
     sforzo è quello di frenare o addirittura di arrestare il flusso del
     tempo, di illuminare una " fermata " - appunto - per chiarire
     un'identità che rischia di perdersi, travolta dal corso caotico e
     inconcludente dei giorni. L' io lirico non si astrae, non si
     sublima: è nell'ordinario della vita e degli affetti che cerca le
     proprie radici sepolte… (…)



                               Umberto  Fiori


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