giovedì 29 novembre 2018

LE STANZE DELL'ADDIO 2

      SCORRE ?


(…)Non trovo le parole, aiutami.Ogni metro di distanza che prendi,
      un lemma scolora dal dizionario e così adesso sono ancora più
     preoccupato,perché mi pare gassosa la struttura stessa dei miei 
     pensieri: quanti metri hai fatto se si ingarbugliano tutti i
     complementi e non vado oltre i pronomi,tu, io e poi solo vaghi 
     ecco, qui, ora ?
     Scrivo. Ricapitolo per sommi capi, mi concentro sul senso delle
     preposizioni articolate. Perduta nel...perduta nella
     Trema la mano che scrive o il quaderno che le sta sotto? Non
     trovo le parole, trema la sfilza dei sedili addosso al muro, il tic
     di qualcuno si trasmette di schienale in schienale fino al mio e
    di lì alla colonna vertebrale.Da queste parti potresti stare, dietro
    una di queste porte per il visitatore occasionale,tutte simili come
     figure di carte da bridge o stagioni di Vivaldi, ma tutte diverse e
     notte all' esperto, per l'esperto. Basterebbe un indizio, anche
     solo la prima sillaba, le prime due lettere per capire quale porta
     scegliere. Dove sei? Per venirti a cercare mi serve il nome di
     quell'operazione che svolgono su di te dietro una di queste
     porte color… non so come definirlo, devo cercare sul dizionario
     del telefono : color ottanio, con la maniglia a pulsante
     difettosa.Bisogna perfino spingere e insistere per fartici entrare,
     quando non è l'infermiere ad affacciarsi e chiamare il tuo nome.
    " Amore sei sicura che non mi vuoi lì dentro, con te ? "
     A fare, a fare cosa ? Dammi un'etichetta da cercare nella lunga
     serie accanto all'ascensore. Non riesco a ricordare il nome di
     quella tortura che ha lo scopo di verificare la fluidità, lo
     scorrimento di certe irrorazioni, le quali- pare - vadano estratte
     con lunghe siringhe speciali, particolarmente dolorose per le
     persone magre come te. E' per paura di quell'esame, forse, che
     ti sei allontanata? Non credo. Oggi non era in programma e poi
     non decide mai per te, il dolore. Credi che io non lo sappia 
     quanto ti fa male, ma la scorsa volta ho appoggiato l'orecchio
     sulla porta di alluminio e plastica, davanti a tutti l'ho fatto, mi
     sono inginocchiato nel corridoio senza pudore e ho sentito che
     trattenevi grida mordendo un pugno, o forse ti  rannicchiavi
     nel camice dello specializzando, non so, non potevo vedere, solo
     origliare.
     E' farina l'aria che mastico prima che tu esca, mentre torno a
     sedermi, non so esserti grato di risparmiarmi la scena, né
     vergognarmi del sollievo, solo soffrire, soffrire con ,soffrire per.
     Aspetto.Più probabile il contrario: non mi hai detto nulla dell'
     esame da fare e ti sei infilata di nascosto in una di queste porte
     proprio per risparmiarmi la pena. Possibile? O per escludermi,
     forse? Non mi ritieni all'altezza, di cosa?
     Non importa. Non bisogna capire, bisogna sperare. Sperare che
     scorra per il verso giusto quello che deve scorrere dei misteriosi
     liquori che conteniamo, limpidi,puri e salutari flussi ramificati
     dalla base della schiena a tutti i venti polpastrelli, fino agli
     organi necessari.
     Se è così, se ti torturano dietro una di queste porte, voglio che
     scorra - un così equivoco atteggiamento da esprimere in termini
     di volontà,ma non meno in termini di speranza: spero che
     scorra ?. Forse in un'altra lingua, forse tu che ti allontani porti
     con te la parola giusta per esprimere questo sentimento - ma
     intanto io voglio, voglio che in ciascuna delle numerose porte
     in cui come in mezzo a due specchi l'ombra di te rimbalza, si
     svolga persino soavemente l'esame; poiché sembra che la
     difficoltà di prelievo del tessuto sia di per sé una sorta di
     responso o comunque un indizio negativo. Si capisce subito da
     quel che tira l'ago d'acciaio se nei nostri circuiti si aggira uno
     sgorbio, uno scarabocchio, una grafia psicotica,un borgorigmo,
     una tavola etrusca, un codice cifrato, una sconclusionata sfilza
     di 01 informatici, un grappolo di martelli Olivetti intrappolati
     alla rinfusa nei pressi del foglio.Ma se la macchina è inceppata,
     non sarà sufficiente individuare l'intrico? Non sarà dare un
     nome il primo passo?
     Sono le parole che cerco in  te, dentro di te, ancora una volta.
     (…)



           Yari  Selvetella    da         Le stanze dell'addio 


 

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