(…) La Vanitas , che si diffonde nell' Europa della Riforma, delle
sette religiose e della Controriforma, non è affatto un parente
povero della natura morta, ma un parente molto più ricco. Ciò
che nelle meravigliose tavole imbandite fiamminghe o nei
succosi crostacei napoletani,o nella grassa selvaggina francese,
in mezzo a vasi e piatti e cristalli preziosi e tovaglie e sopra -
tovaglie di tela finissima perfettamente stirate, è solo ricchezza,
orgoglio e vanità, nella " vanitas " è molto di più : è caducità e
morte, vale a dire qualcosa che, dall'ordine della materia, passa
all'ordine dello spirito. L'opera non è soltanto un oggetto di
ammirazione : è anche un oggetto di meditazione. Con un solo
quadro - insomma - due acquisti : l'immagine ci racconta una
cosa : il godimento, e insieme il suo contrario : l'annientamento.
Naturalmente se si aspira al supremo talento dell'ambiguità,
bisogna saperci fare - come Baugin - che, al massimo, concede
al formulario del genere una candela che non è neanche troppo
consumata dalla fiamma, ma sempre imprime ai suoi oggetti
fermi il sigillo di una desolazione, nel senso etimologico del
termine, cioè " lasciar solo ". In genere però i pittori della
vanitas vanitatum ci andavano pesanti:il teschio faceva bella
mostra di sé più o meno al centro della tela in mezzo ad oggetti
più che allusivi, come gusci di conchiglie, ramoscelli secchi e
attorcigliati, petali malandati, pipe spente e derelitte, e ceri che
hanno perso l'ultima fiamma. Ma la terribile e mostrificante
fuga del tempo aveva altri modi per dirsi. (…)
Elasabetta Rasy da Figure della malinconia
Natura morta con libri ( Baugin )
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