venerdì 7 febbraio 2020
STORIA E PRATICA DEL SILENZIO 2
(...) Tornando alla relazione di coppia vista dall'interno, il culmine
della felice convivenza viene abitualmente indicato nella
capacità di trascorrere insieme del tempo, e avvertirlo all'
unisono come tempo trascorso profondamente insieme, senza
che lo insidi un obbligo di intrattenersi reciprocamente
attraverso un uso continuo della parola. E' uno degli aspetti
che distinguono il rapporto d'amore da quello di amicizia, se
ha ragione Epstein ( saggista americano, n.d.r. ) che nel suo
trattatello sull'amicizia ne vede il fondamento non nella
fedeltà, nell'intimità o nel tradimento, bensì semplicemente
nella conversazione. " L'amicizia, quando funziona, è uno
strumento suonato sull'armonia della conversazione ".
Il fatto è che l'amore, al contrario, si alimenta di un'
immaginazione introspettiva, che in quanto tale si giova degli
spazi svuotati dalla parola piuttosto che di un brainstorming.
Ciò non impedisce - ovviamente - che alcuni tipi di silenzio
suonino funesti in una relazione d'amore.
Ve ne sono almeno di cinque categorie :
IL SILENZIO DELLA SEPARAZIONE
(...)Si verifica quano della coppia non vengono divise informazioni
su una quantità cospicua e una qualità significativa di
esperienze personali o interiori. Molti psicologi sostengono che
lo svolgimento di attività non sovrapposte, e persino la loro
elaborazione in chiave fantastica, sia benefica per gli equilibri
coniugali. Ma una costante assenza della loro verbalizzazione
ingenera un disagio di esclusione e rende meno consapevoli in
merito alle aspettative dell'altro. (...)
IL SILENZIO DEL TEDIO
(...) Qui mi rifaccio alla definizione generale di tedio offerta da
Fernando Pessoa: " Il tedio non consiste nel non avere niente
da fare ( e quindi nell'essere annoiati ), ma nella sensazione
che non valga la pena di fare niente ".
Applicato al nostro campo, corrisponde alla ricorrenza nella
coppia di un atteggiamento del tipo non vale la pena di
parlarne:il rischio che un chiarimento relazionale lasci una
scia di complicazioni, la presunta incapacità del partner di
fornire un sostegno alla soluzione di problemi o nell'
attenuazione del livello di stress che questi comportano e il
reiterarsi di dinamiche conflittuali e patologiche suggeriscono
che sia meno sfinente rincantucciarsi nel silenzio ( qualificato
anche come silenzio di defezione ). (...)
Remo Bassetti da Storia e pratica del silenzio
Il silenzio è un terreno scivoloso: si può sottintendere di tutto, nel bene e nel male. Certo nella maggior parte dei casi il silenzio rimane, come dire, neutro e lascia intendere quel che l'interlocutore gradisce, ma a lungo andare questa ambiguità si paga. Rimango dell'idea che un uso misurato delle parole sia comunque la cosa migliore, tanto più in amore. Così se ci si deve pentire di quello che si è detto, è un pentimento di modesta entità -:)
RispondiEliminaL'autore - ad un certo punto - dichiara esplicitamente nel testo di non aver voluto scrivere un sagggio " pro" o " contro" il silenzio.
EliminaPer quanto mi riguarda, credo che sia questione di occasioni e di tempi ( non solo cioè quelli occasionali: intendo anche le stagioni della vita. Si sa, ad esempio che - invecchiando - si tende a togliersi i sassolini dalle scarpe", cosa che in altre età non si sarebbe fatto ).
La via migliore potrebbe essere una saggia e calcolata alternanza. ( neppure la musica sarebbe tale se oltre alle note non ci fossero anche le pause ).
Per quanto concerne i silenzi in amore, a volte sono salutari ( pause di meditazione ), altre volte sono giochi di potere che possono diventare pericolosi ( portare cioè a rotture definitive ).
Quello su cui non concordo è che sull'uso della " parola - pentimento," ( in amore )quest'ultimo sia " di modesta entità ".
Le parole, come i silenzi, possono pesare più delle pietre e occorrerebbe che il loro uso sia attentamente valutato per non ferire e non ferirsi.
Grazie per il passaggio e il commento.