venerdì 10 gennaio 2020
LETTERA APERTA A UN APPRENDISTA STREGONE 3
(…) Anche sulla gelosia la nostra cultura ha indagato a fondo:
teatro e letteratura ne hanno esplorato ogni angolo, da
Shakespeare a Proust, dai Romantici ai Veristi. Non parliamo
poi della Psicologia e della Psicoanalisi : un sentimento - o
uno stato emotivo - così diffuso e che tocca così profondamente
le nostre radici, capace di alterare profondamente la vita
psichica un individuo, inducendolo a comportamenti del tutto
irrazionali ( compreso il crimine ), non poteva non affascinare
gli addetti ai lavori, da Freud alla Klein, che ne hanno
sviscerato le componenti narcisistiche e l'ambivalenza ( amore
e aggressività nei confronti della stessa persona ), i sensi di
colpa negati e perciò proiettati sul partner, e di conseguenza
ne hanno cercato e trovato le radici nell'inconscio.
Se c'è qualcosa su cui forse vale ancora la pena di riflettere, è
un aspetto della gelosia su cui ho l'impressione che finora si
siano soffermati più la letteratura e la fiction che l'indagine
psicoanalitica: non già il timore, ma il bisogno del " terzo ",
che metta in discussione - se non in crisi - il rapporto.
Quando non c'è in carne ed ossa , lo si cerca nel passato ( la
cosiddetta gelosia retroattiva ), o nel gioco delle pure ipotesi:
un rivale virtuale, convocato e scritturato per poter mettere in
scena il conflitto e rendere così la relazione amorosa il più
somigliante possibile - almeno nello schema - alla primissima ,
rimossa ma mai risolta vicenda d'amore.
Questo dovrebbe farci sospettare che, qualunque sia il fine che
la natura ha affidato al rapporto amoroso ( e noi sappiamo
che è quello pragmatico della riproduzione, anche se spesso
viene disinnescato e " coperto " da altre varie sovrastrutture
mentali e da giochi psichici ), l'uomo culturale ha finito per
servirsene - inconsciamente - per uno scopo diverso : quello
- appunto - di ri- mettere in scena quell'antico conflitto, da cui
usciamo naturalmente sconfitti : la prima apparizione dell'
altro nella nostra vita. (…)
Aldo Carotenuto da Lettera aperta a un apprendista stregone
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