L'è la psicosi del milaghée ( l' uomo del lago )
" Permettetemi di raccontare queste piccole storie non come la
realtà le ha pescate, ma come i pesci le hanno sognate "
(…) Appena scese dalla corriera, spese giusto il tempo di guardare
se poteva attraversare la strada statale, poi si diresse giù per
la mulattiera che portava al lago e alla pensione Magnolia.
Muoveva adagio i passi e faceva dondolare la valigia come uno
che torna a camminare su quei sassi che non avevano mai
smesso di essere suoi, anche se era stato via così tanto tempo.
Buttò lo sguardo su una vecchia altalena appesa al tramonto e
poi lo spostò verso due persiane rosse, pennellate malamente,
con un gatto color marmo tra le braccia della finestra.
Capì immediatamente che si sarebbe ripreso tutti gli odori e le
ombre che gli appartenevano. Compresa la sua.
La sua non era mai partita, on era mai stata caricata su una
Mercedes color castagna una domenica di giugno; non aveva
dovuto vedere mezzo paese guardare dentro quei finestrini che
lo stavano portando chissà dove e non era stata obbligata ad
entrare in quella clinica lontana con un nome che un italiano
non riesce a dire. Lei era rimasta lì - fedele - ad aspettarlo,
come il cavallo di Zorro, senza invecchiare e senza ammalarsi.
Si era nascosta come aveva potuto, all'inizio della riva, infilata
tra le barche capovolte, dove le pietre sotto il passo cominciano
a farti camminare strano.
E proprio lì ritrovò la sua ombra, sulla scalinata di sasso, tra
la melma secca e le margherite arrampicate.
Lei lo salutò dicendo una delle cose che era solita dire: " Le
pietre sono buone per come ti sanno ascoltare. Le pietre sono
serie per come ti lasciano sempre parlare o stare in silenzio…
E non si sa se sono più dure quando ti colpiscono o quando le
calpesti".
Gli sarebbe piaciuto prestare gli occhi ai pesci, per vedere il
mondo delle alghe e delle lavatrici sommerse, dove nuotano
sirene d'acqua dolce e riposano biciclette abbandonate.Avrebbe
potuto essere il più grande pescatore della zona, se avesse
voluto; sentiva i pesci muoversi quasi fossero brividi che gli
percorrevano il corpo; sapeva specchiarsi nel loro riflesso,
entrare nel loro occhio come una freccia nel bersaglio del
tirassegno. Diceva di capire da dove venivano e dove sarebbero
andati.
La sua ombra gli aveva insegnato una sorta di tiritera:
" I pesci non hanno orecchie perchè tanto non parlano.I pesci
non sentono freddo e non hanno il mal di schiena. I pesci non
stanno in ginocchio neanche quando li schiacci nella latta. I
pesci non chiudono mai gli occhi neanche quando sono nella
padella". Ma la parte che lui preferiva, quella che ripeteva
continuamente in dialetto, allorché guardava sotto l'acqua,
come fa la poiana, era questa : " Quell che l'era diventa adéss,
e quel che l'è quell che po' véss...ne la parola dii péss " Le
parole sognate dai pesci. (…)
Davide Van De Sfroos da Le parole sognate dai pesci
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Frida