" Ciò che devi accettare adesso è il perdono e io ti dico che questa è la cosa più difficile da accettare e che devi farlo continuamente".( F.O' Connor )
(…) " 25 Febbraio 1979; a Robert Giroux. Grazie per le lettere di
Flannery O' Connor, non riesco a smettere di leggerle… sono
ormai un paio di notti che faccio le due, a scapito della vita
quotidiana. Le lettere sono meravigliose - non è vero? - e mi
fanno ancora più pentire di non essere mai andata a
Milledgeville. ( Avevo paura di Flannery, credo! ) ", ammette
Elizabeth Bishop, che in precedenza aveva confidato a Robert
Lowell: " Flannery scrive così maledettamente bene a
paragone con quasi tutto quel che è dato leggere: economica,
chiara, sconvolgente, reale ". Per aggiungere :" Il ripetersi
della situazione, zio- nipote, o padre- figlio in tutte le sue
atrocità, mi fa sospettare che dica qualcosa della sua vita
familiare, vista di sguincio o in ombra sulla parete". Sospetto
che non trapela dalle lettere di Flannery tranne quando, dopo
l'incontro con un'amica che è andata a trovarla, si permette di
scriverle :" La presenza materna non contribuisce certo a
sciogliermi la lingua: forse alcune delle tue domande
avrebbero ottenuto risposta migliore se ti avessi ricevuta nel
pollaio". Questo, detto da chi non è in grado di muoversi. Per
un verso, il suo somiglia al caso kiplinghiano: come lui ha il
Demone che seguita a sfornare storie di famiglia, e come lui
sottopone in primo luogo alla propria di famiglia, ossia alla
madre, le prove letterarie dove mostra nuclei dissestati,
dissennati, carichi di tensione pronta ad esplodere, e che
puntualmente esplode, con una violenza che incute paura.
Flannery- invece - non poteva rileggere i suoi testi a voce
alta senza scoppiare irrefrenabilmente a ridere.
Chi l'ha conosciuta- come Robert Lowell, la definisce brusca,
sdegnosa ma senza pretese, modesta nella consapevolezza di
quanto fosse brava; " eroica come una santa", si vedeva
destinata a quella vita " impavida, alacre, acre, accanita,
splendida e inappariscente". Come facesse a sapere quello
che sapeva, così giovane, isolata, è l'interrogativo che ci si
pone sempre davanti al genio. Quanto alla vita religiosa, si
mostrava riservata al riguardo, " com'è dei santi". Ma
Flannery avrebbe tagliato corto. Giudicava la vita di una
Simone Weil la più comica nonché la più genuinamente
tragica e terribile; " comica e terribile" non vuole essere
riduttivo, anzi è pagarle il massimo tributo, tranne definirla
santa, che non è. Valga per lei. Ma per il fatto di esprimere la
verità del proprio essere e vivere in obbedienza ad essa,
Flannery è retta, pur essendo demonica. (…)
Flannery O' Connor da Sola a presidiare la fortezza ( Lettere a cura di Ottavio Fatica )
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