giovedì 6 settembre 2018

LA VITA " OLTRE " DI JUNG

 
 
 

" Non si diventa illuminati immaginando figure di luce, ma diventando coscienti del buio ". ( C.G. Jung )



(…)Seneca, rivolgendosi all'amico Lucilio,al termine di una Lettera
      nella quale vengono passati in rassegna alcuni tra i più
      importanti problemi filosofici, si pone lo stesso interrogativo:
     " Che cos'è la morte?". La risposta - lapidaria - è affidata a una
      secca alternativa " Aut finis aut transitus" ( o fine o passaggio).
      Per Jung, la risposta a questo interrogativo è univoca: la morte
      non è fine, ma passaggio, ossia transito, perché il morire non
      è uno " stato" ma " un processo",ossia un'esperienza di confine,
      un vissuto di soglia, un cambio di stato.Questo perché la morte,
      considerata come fine, cioè come evento definitivo, porrebbe
    l'osservatore in uno stato che non gli consente più di comunicare
     la propria esperienza. E Jung non è interessato alle posizioni
     metafisiche: è un empirista che vuole occuparsi degli eventi
     psichici. Risulta allora chiara la celebre definizione di Jung
     sulla morte:

    " La cosiddetta morte è un breve episodio fra due grandi misteri,
      che in realtà sono uno solo " . ( Lettera del 1947 )

    La morte, come la nascita,è un episodio,un momento, un transito
    all'interno di un processo più vasto, di un grande mistero, il
    mistero dell'anima che esiste al di là della coscienza e che si
    estende al di là del tempo e dello spazio.

    " Questo spettacolo della vecchiaia sarebbe insopportabile se
      non sapessimo che la nostra anima si estende a una regione
      non vincolata né dalla trasformazione del tempo, né dalla
      limitazione del luogo. In questa forma di esistenza la nostra
      nascita è una morte e la nostra morte una nascita." ( Lettera
      23 Dicembre 1950 )

    L'epistemologia junghiana è in fondo " un continuo sguardo sul
    confine", un confronto e un modo di porsi nei confronti dell'
    Alterità che ci abita, una relazione tra finito e infinito, visibile e
    invisibile, Io e inconscio, limitato e illimitato, al di qua, e aldilà,
    esistenza ed essenza, vita e morte.

    " Sembra che la vita sia come un intermezzo in una lunga storia.
      Questa esisteva già prima che io fossi e- con tutta probabilità
      continuerà quando l'intervallo cosciente in un'esistenza
      tridimensionale sarà alla fine " . (Lettera 18 Novembre 1955 )

    L' Anima per Jung è storia, narrazione, racconto,Mythologhéin
    nella quale la storia seriale dell'Io non è che un breve episodio,
   un minuscolo capitolo in un più grande romanzo.
   L'anima è la storia delle libido che, prendendo coscienza di sé,
   può confrontare la propria finitezza con l'infinito:

   " Solo la coscienza dei nostri angusti confini nel " Sé" costituisce
     il legame con l'infinità dell'inconscio. In questa consapevolezza,
     io mi sento insieme limitato ed eterno, mi sento l'uno e l'altro.
     Se mi so unico nella mia combinazione individuale, vale a dire
     limitato, ho la possibilità di prendere coscienza anche dell'
     illimitato" . ( C.G.Jung - Sogni, ricordi, riflessioni )

  
    Lo Jung del Libro Rosso è un frequentatore della soglia:

    " Volgiti ai morti, ascoltane il lamento e prenditi amorevolmente
       cura di loro". ( C.G.Jung - Liber Novus  )



                          Gianluca  Minella


3 commenti:

  1. Molto interessante, non conosco in modo approfondito la figura personale e professionale di Jung e mi hanno colpito le sue parole

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  2. Ti inviterei ad approfondire. Su questo sito puoi trovare parecchia documentazione che lo riguarda : in particolare un video con un'intervista alle figlie, in cui veniamo a conoscenza non solo del suo pensiero, ma anche del suo " modo di essere " nel privato. E poi Lettere della sua diatriba ( non solo per problemi scientifici ) con Freud.
    Grazie per il passaggio

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