giovedì 26 luglio 2018

AMORE E VIOLENZA 3



(…) La famiglia prolunga l'infanzia ben oltre il bisogno del singolo
       individuo, costruisce legami di indispensabilità reciproca e
       arma silenziosamente la mano che tenterà di strapparli. Il 
       luogo che tutti vorremmo al riparo da una società sempre più
       conflittuale, conserva il più lungo e il più enigmatico dei
       domini che la storia ha conosciuto: la guerra mai dichiarata
       che porta l'uomo - mosso da desideri e paure antiche - a
       celebrare i suoi trionfi sul corpo femminile con cui è stato
       tutt'uno e con cui torna a confondersi nell'abbraccio amoroso.
       Se l'uomo fosse solo il dominatore, il vincitore sicuro di sé,
       non avrebbe bisogno di umiliare e uccidere. Confinando la
       donna nel ruolo di madre, è come se le avesse permesso di
       protrarre ben oltre l'infanzia quel potere materiale e
       psicologico che ha esercitato su di lui bambino. Il potere che
       viene dal rendersi indispensabile all'altro è tuttora - per la
       donna - il più forte contrappeso alla sua mancata realizzazione
       come individuo, cittadina a tutti gli effetti.
       L'altra contraddizione, strettamente legata alla prima, è il fatto
       che a prendere il sopravvento, a porsi come padrone, è il sesso
       che si trova all'origine - e per certi aspetti essenziali alla sua
       sopravvivenza anche nella vita adulta - nella posizione di
       maggior debolezza. Prima che marito, padre possessivo,
       autoritario e violento, l'uomo è nato di donna, tenero figlio. La
       tentazione di attribuire alla società il passaggio del maschio
       dall'amore alla violenza - e cioè l'addestramento all'esercizio
       del potere da parte di una comunità di simili - è sicuramente
       più rassicurante che pensare ad una ambivalenza di sentimenti
       già presente nelle relazioni più intime.
       Nel saggio Le tre ghinee di Virginia Woolf, si legge:

      "Non possiamo non pensare che le società sono congiure che
       soffocano il fratello privato che molte di noi hanno motivo di
       rispettare,e generano al suo posto un maschio mostruoso,dalla
       voce prepotente, dal pugno duro, puerilmente intento a
       tracciare cerchi di gesso sulla superficie della terra entro i
       quali vengono ammassati gli esseri umani, separatamente,
       artificialmente; dove dipinto di rosso e di oro, adorno come un
       selvaggio di piume, nostro fratello consuma mistici riti e
       assapora il dubbio piacere del potere e del dominio, mentre
       noi, le " sue" donne, siamo chiuse a chiave tra le pareti
       domestiche, senza spazio alcuno nelle molte società di cui la
       società si compone ".
      
     
       Ma anche la Woolf poi conclude che il mondo pubblico e il
       mondo privato sono inseparabilmente collegati e che le
       tirannie e i servilismi dell'uno sono le tirannie e i servilismi
       dell'altro . (…)


Lea Melandri   da   Amore e violenza ( Il fattore molesto della civiltà )

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