martedì 14 febbraio 2017

UNA DONNA SPEZZATA 2



20  Febbraio

(...) Ho finito per cedere alle loro insistenze. Avevo paura per la
      mia salute sempre più debole, paura del silenzio. Avevo preso
      l'abitudine di telefonare a Isabelle tre volte al giorno, a Colette
      nel cuore della notte. Così, adesso pago qualcuno perché mi
      ascolti : è atroce.
      Ha insistito perché continui a tenere questo diario. Capisco
      benissimo il perché: cerca di farmi tornare un po' di interesse
      per me stessa, di restituirmi la mia identità. Ma, per me, l'unica
      cosa che conta è Maurice. Che cosa sono io? Non me ne sono
      mai curata granchè : ero garantita, dato che lui mi amava.
      Se non mi ama più... E' soltanto il passaggio che mi preoccupa:
      in che modo ho meritato che cessasse di amarmi? O, se non
      l'ho meritato, allora è un mascalzone, e non sarebbe giusto
      punirli, lui e la sua complice?. Il dott. Marquet ha preso le cose
      dall'altro capo: mio padre, mia madre, la morte di mio padre;
      vuol farmi parlare di me, mentre io non ho voglia di parlargli
      altro che di Maurice e di Noellie. Ad ogni modo, gli ho
      domandato se mi trovava intelligente. Sì, certamente, ma
      l'intelligenza non è una facoltà indipendente: quando entro nel
      circolo vizioso delle ossessioni, la mia intelligenza non mi
      serve più.
      Maurice mi tratta con quel misto di delicatezza e di sorda
      irritazione che si prova verso i malati. E' paziente, tanto
      paziente da farmi venir voglia  di urlare, ciò che faccio,
      qualche volta. Se diventassi pazza non sarebbe mica una
      cattiva soluzione. Ma Marquet mi assicura che non corro
      affatto questo rischio: sono solidamente strutturata; nemmeno
      con l'alcool né con le droghe sono mai riuscita a perdere
      veramente la testa. E' una via di uscita che mi è preclusa. (...)


        Simone de Beauvoir  da     Una donna spezzata

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