Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre - Pieter Rubens
(…) L'albero della conoscenza del bene e del male ( Genesi 2,17 ) è
tutto fuorché un generico indicatore morale. Misura piuttosto
una consapevolezza chiara e inequivocabile: " Il giorno in cui
mangerai da esso,morire morirai ", dice Dio ad Adamo per
articolare il suo divieto.
Ma non si tratta né di una minaccia, né di un' ingiunzione a
scopo di deterrenza. E nemmeno di una bugia, visto che il
cielo è infallibile. Fatto sta che poco dopo, quando Eva
prima e Adamo poi assaggeranno il frutto proibito, nessuno
dei due morirà. La mela fatale non è velenosa. Allora, come
la mettiamo? Che cosa ha detto di preciso il Signore ?
Che cosa voleva dire con quel " morire morirai?", in cui l'
infinito segna un rafforzamento del tempo coniugato?
Non certo che il frutto proibito avrebbe causato la morte,
perché così non avviene.
E' questione - piuttosto - di conoscenza. E di una conoscenza
che cambia la vita, non che porta la morte. Appena assaggiato
quel frutto, infatti, Adamo ed Eva diventano consapevoli. Di
che cosa? Di essere nudi? No, quella è la conseguenza della
consapevolezza, non la sua sostanza. Una volta assaggiato il
frutto. " gli occhi di loro due si aprirono e loro riconobbero di
essere nudi e si cucirono una foglia di fico per farne cintura "
( Genesi, 3, 7 ). Per capire che cosa significava esattamente
quello schiudersi degli occhi, bisogna risalire un poco più su
nel testo, alla condizione precedente dell'umanità, quando " i
due erano nudi, l'uomo e la donna, e non si vergognavano".
Che cos'è quella nudità impudica? Di passo in passo nel testo,
è chiaro che è il frutto della non consapevolezza, del fatto di
essere beatamente ignari: finchè non conoscono il bene e il
male, Adamo ed Eva non si preoccupano di essere nudi. Quella
conoscenza del bene e del male, invece, non uccide affatto,
bensì cambia le cose. La morte entra in gioco, ma non come
effetto, bensì come conoscenza. Assaggiando il frutto, Eva e
Adamo vengono a conoscenza della morte : imparano cioè che
sono destinati a morire. Loro stessi e non gli altri. (…)
Elena Loewenthal da Dieci
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