venerdì 19 luglio 2019
SU QUESTA PIETRA ( storia di un suicidio assistito , introduzione )
Durante il suo lavoro di fotografo e di reporter, l'autore si imbatte in un'occasione inaspettata e spiazzante: accompagnare in Svizzera una persona che sta andando a morire. L'uomo, affetto da una grave malattia neurodegenerativa, ha deciso di ricorrere al suicidio assistito e, dopo una lunga trafila medica e burocratica, ha finalmente ottenuto la " luce verde ", il permesso di morire. E vuole che Sergio racconti la sua storia, quella di chi è costretto a umiliarsi, viaggiando lontano da casa come una specie di clandestino, per poter esercitare fino alle estreme conseguenze il proprio sacrosanto diritto al libero arbitrio, che nel nostro Paese è negato. Ma non vuole avere né un nome né un volto: nessuno deve poterlo riconoscere. Di fatto, per l'autore si tratterebbe di trascorrere con lui le ultime quarantotto ore sulla Terra.
Sergio accetta. E questa è la storia vera di quelle ore e dei millequattrocento chilometri che i due uomini hanno percorso insieme: dal momento in cui si sono stretti la mano fuori da un aeroporto del Sud fino a quello in cui l'uomo gli ha rivolto le sue ultime parole sulla poltrona di un monolocale di Basilea. E' questa la " clinica svizzera " in cui Erika - da otto anni - accompagna i pazienti al suicidio, dopo essersi scambiata decine di lettere con ognuno di loro e averli incontrati e visitati per concedere loro ( è un medico ) la " luce verde ".
La prospettiva da cui Ramazzotti racconta la vicenda è in tutti i sensi unica: da una parte per la sua posizione irripetibile di narratore - testimone, dall'altra per il suo sguardo delicato, rispettoso e capace di mettersi continuamente in gioco. Con scrittura elegante e densa riesce, in questa storia vera che a tratti pare sconfinare nel romanzo, ad accendere in noi un rovello di riflessioni , domande di portata universale, un duetto etico interiore, mettendo in moto un'altalena di emozioni contrastanti che culminano con la sorpresa del " finale" : un nome, un cognome e uno spaventoso segreto che sono un vero e proprio colpo di scena, una scoperta capace di rimettere in discussione tutte le certezze che avevamo fino a quel momento.
( f )
Si seppe poi ( da un'autopsia eseguita su ordine della Magistratura ), che il giudice Pietro D' Amico ( tale era il nome dell'uomo che andò a morire in Svizzera ), non era un malato terminale né era affetto da malattie neurodegenerative invalidanti ( i certificati medici italiani erano stati manomessi, mentre i medici svizzeri non eseguirono alcun approfondimento ), ma pare che fosse affetto ( come da dichiarazione certificata psichiatrica ) " solo" da una depressione cronica.
E qui allora si pone un problema medico ed etico: una grave depressione può essere comparata per gravità ad una malattia organica invalidante?
Lo stesso autore del libro di cui qui si parla , Sergio Ramazzotti, afferma nel testo di non sapere nulla riguardo alla vera storia dell' uomo che accompagnò in Svizzera a morire.
" Ma almeno a me avrebbe potuto dirla, la verità ", si rammarica.
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