giovedì 11 aprile 2019
IL CRISTIANESIMO 2
IL SACRO E LA FOLLIA
(…) Oltre alla lettura religiosa, del sacro si danno anche diverse
interpretazioni antropologiche e psicologiche, perché il sacro
non è solo esterno all'uomo, ma anche interno ad esso,come
suo fondo inconscio da cui un giorno la coscienza si è
emancipata e resa autonoma, senza peraltro sopprimere lo
sfondo enigmatico e buio della sua origine. Da questa origine,
la coscienza ancora dipende sia per la genesi delle sue
ideazioni, sia per la minaccia mai scongiurata di essere di
nuovo risucchiata in quelle forme che l'odierna " patologia ",
in cui si è risolta l'antica mitologia, chiama follìa .
Conosciamo la follìa in due accezioni: come il contrario della
ragione,e come ciò che precede la stessa distinzione tra ragione
e follìa. Nella prima accezione la follìa ci è nota: essa nasce da
quel sistema di regole in cui la ragione consiste. Dov'è la
regola c'è deroga, e la storia della follìa, raccontata dalla
psichiatria e dalla sociologia, è la storia di queste deroghe.
Ma c'è una follìa che non è deroga, per la semplice ragione che
viene prima delle regole e delle deroghe; di essa non c'è sapere,
perché ogni sapere appartiene all'ordine della ragione che può
mettere in scena il suo discorso tranquillo solo quando la follia
è stata cacciata dalla scena, quando la parola è data alla
soluzione del conflitto,non alla sua esplosione,alla sua minaccia
Il luogo di questa minaccia è da rintracciare là dove la coscienza
umana si è emancipata da quella condizione animale o divina
che l'umanità ha sempre avvertito come suo antecedente e da cui
- pur sapendosi in qualche modo uscita, ancora si difende,
temendone la sempre possibile irruzione.
A conoscere questa follìa non sono la psicologia, la psichiatria o
la psicoanalisi,ma la religione che,delimitando e circoscrivendo
l'area del sacro, e tenendola ad un tempo " separata " dalla
comunità degli uomini e accessibile attraverso ritualità codificate,
ha posto le condizioni perché gli uomini potessero edificare il
cosmo della ragione , il solo che essi possono abitare senza
rimuovere l'abisso del Caos, la terribile apertura verso la fonte
opaca e buia che chiama in causa il fondamento stesso della
razionalità, perché è da quel mondo che vengono le parole che
poi la ragione ordina in modo non oracolare e non enigmatico.
Sembra - infatti - che ogni parola che la ragione, nel corso della
sua storia,pronuncia, non sia possibile se non liberando in parte,
ma solo in parte, l'antica follìa. (…)
Umberto Galimberti da Il Cristianesimo ( La Religione dal cielo vuoto )
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