sabato 9 febbraio 2019
TESI ANORESSICHE 5
(…) L'idea dell'anoressia- bulimia come malattia dell'amore deve
infatti essere completata mettendo in evidenza un altro versante
della questione, quello più amaro, quello più scabroso, ovvero
il versante dell'odio.Potremmo allora affermare, utilizzando un
neologismo coniato da Lacan, che le anoressie- bulimie sono
malattie dell'odioamorazione , neologismo che - come
si vede - mette insieme precisamente l'odio e l'amore. La
psicoanalisi, in fondo, ci insegna già con Freud che l'odio è
costantemente l'altra faccia dell'amore,ovvero che non possiamo
prendere l'odio come qualcosa che è semplicemente alternativo
all'amore, al contrario: le vicissitudini umane dell'amore ci
insegnano l'ambivalenza fondamentale che unisce amore e odio.
L' ambivalenza non è in effetti un disturbo della vita affettiva, ma
una sua condizione paradossale di fondo. Così possiamo trovare
che un oggetto che inizialmente si odiava, che provocava ripulsa
o avversione possa diventare in seguito un oggetto d'amore, un
oggetto che attrae la nostra libido. Ma possiamo all'inverso
constatare come - alla fine di un rapporto d'amore - l'oggetto
che è stato profondamente amato possa diventare di colpo l'
oggetto massimamente odiato, l'oggetto da allontanare.
Queste torsioni dell'ambivalenza mostrano come lo scambio
continuo tra la dimensione dell'odio e quella dell'amore non sia
affatto una patologia dei sentimenti, ma la loro struttura
profonda. " Io ti amo, ma poiché non posso averti integralmente,
poiché la tua esistenza non può essere fagocitata nella mia;
poiché tu persisti come un'alterità irriducibile, straniera, io ti
odio ".
Si potrebbe considerare tutta questa faccenda dalla prospettiva
femminile: che cosa spinge una donna a farsi torturare dal suo
amante? E' evidente che quando parliamo di odio e amore e del
loro " impasto funzionale", come direbbe Freud, ci inoltriamo in
un campo oscuro che la spicoanalisi definisce come " al di là del
principio di piacere ". Con questa espressione freudiana
intendiamo affermare che ciò che governa l'essere umano - a
differenza dell'animale - non è la pura ricerca del proprio bene,
la ricerca del piacere temperato, equilibrato, naturale. Come
" parlesseri", cioè come esseri che abitano il linguaggio, noi non
cerchiamo semplicemente il nostro bene, il nostro piacere, il
nostro benessere. In fondo - esagerando un po' - potremmo dire
che a tutti gli esseri umani l'esperienza naturale del piacere
come equilibrio e armonia è resa impossibile: é il godimento
ciò che definisce l'esperienza umana dell' al di là del principio
di piacere. (…)
Massimo Recalcati da Elogio del fallimento
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