"Sklovskij diceva che era un campione; Jakobson diceva il più grande poeta del Novecento; Tynjanov diceva una direzione; Markov diceva il Lenin del Futurismo russo; Ripellino diceva il poeta del futuro; e avevano ragione - secondo me - tutti; però avevano torto anche - secondo me - e avevano torto perché - secondo me - Chlebnikov è molto di più." ( Paolo Nori ).
Velimir Chlebnikov morì a 37 anni ( nel 1922 ) a causa di una paralisi conseguente ad uno stato di inedia e malnutrizione.
( Pace a te ! frida )
Poco mi serve.
Una crosta di pane,
un ditale di latte,
e questo cielo
e queste nuvole.
***
Gli uomini, quando amano,
fabbricando lunghi sguardi
e mandando lunghi sospiri.
Le bestie, quando amano,
riempiendosi gli occhi di foschia
e fabbricando morsi di schiuma.
I soli, quando amano,
coprendo le notti con un tessuto di terre
e incedendo a passi di danza verso l'amico.
Gli dei, quando amano,
abbracciando per intero il fremito dell'universo,
come Puskin - la fiamma dell'amore per la
cameriera Volkonskij.
***
Russia, sei tutta un bacio nel gelo!
Azzurreggiano strade notturne.
In un lampo azzurro sono fuse le labbra,
azzurreggiano insieme le due.
Di notte un lampo vola,
a volte, dalla carezza di un paio di labbra,
e d'un tratto - agile - aggira
le pellicce, azzurreggiando, lampo senza sensi.
E la notte brilla, intelligente e nera.
***
La libertà arriva nuda,
gettando nel cuore dei fiori,
e noi, andando al passo con lei,
al cielo diamo del tu.
Noi, guerrieri, con coraggio picchiamo
con il braccio su scudi severi:
governo del popolo sia,
e sia sempre - per sempre - qui, là.
Alle finestre vergini cantino
in mezzo a canti sull'unico cammino,
del suddito fedele del Sole,
il popolo che si è liberato.
***
Oh, se i vostri occhi
nereggiassero, come gli stinchi degli stivali,
oh, se la vostra bocca fosse cantilenante
come la mucca che chiama il vitello,
oh, se con le vostre trecce
ci si fosse potuti impiccare
senza chinare la testa!
***
Brutali vecchi stracci di capelli,
un campo nero: la fronte.
Dei ceppi fradici in una palude: le labbra,
mammelle di capra selvatica : la barba,
corda da marinai: i baffi,
fanciulla di neve con una scopa nera: i denti,
notti insonni gli occhi azzurri
come buchi in una vecchia coperta.
***
Ma io vengo da te, in Tibet…
Mi cerco una casetta, là,
il tetto coperto di cielo,
cinte di vento le pareti,
il soffitto che guarda le erbe,
per terra dei fiori, verdi.
Là, calmerò le mie ossa.
Velimir Chlebnikov da 47 poesie facili e una difficile
Particolare e piacevole il brano musicale, profonde le poesie, ma che morte atroce ha fatto!!!
RispondiEliminaLo stile delle liriche certo è particolare, come lo furono per noi quelle dei nostri " futuristi", Marinetti in primis.
RispondiEliminaGrazie del commento.