(…) Shlomo sostiene che innamorarci sia stata una disgrazia. La
prima volta che l'ha detto mi ha ferita, poi ho capito che aveva
ragione: insieme siamo infelici. Credo di soffrire più di lui per
quest'amore disgraziato, ma chi lo sa cosa provano veramente
gli altri, cosa prova persino tuo marito.
Shlomo non parla delle sue sofferenze: pensa che farlo sia
indecente, o ha imparato a fingere che non esistano. E' il suo
modo di difendersi da loro e da me.
Forse Shlomo non soffre, tranne che per me, anche se lo
ammette solo quando gli dico che mi fa soffrire. Allora mi
guarda stizzito, un lampo scurisce i suoi occhi gialli e sibila:
" E io credi che non stia male? " Non spiega perché. Shlomo
non si lamenta. Shlomo non chiede.
Insieme stiamo male, ma non possiamo lasciarci.
Dice che non mi lascerà mai, non so se per senso di
responsabilità, pigrizia, o perché mi ama più di quanto sia
disposto a riconoscere.
Io non lo lascerò perché sono innamorata di lui, della sua
grazia nascosta come un minerale, del suo odore,del suo modo
di parlare coi bambini.
Non lo sopporto ma lo amo. Shlomo è la mia croce.
Deve essermi toccata per punirmi di qualcosa che ho fatto in
una vita precedente, da ragazza, quando spezzavo cuori senza
neanche accorgermene. Sono stata una figlia amata, anche se
amata male, mentre non ho mai visto la madre di Sholom
abbracciarlo: le rare volte che si incontravano, porgeva la
guancia per farsela sfiorare con un bacio. Shlom sostiene che
aver avuto una madre anaffettiva sia stato un vantaggio.
Disprezza i sentimentalismi, i sentimenti lo annoiano. A volte
penso che sia stato vaccinato dalla sua infanzia - della quale
non mi ha mai parlato - di bambino grasso. A tredici anni ha
scoperto la palestrae si è trasformato nell'uomo massiccio di
oggi, ma è stato un bambino grasso, con una madre rigida e
un padre assente, ed è cresciuto in una comunità ristretta e
contadina: chissà se ha patito, se lo hanno preso in giro, se ha
dovuto combattere e imparare a difendersi. Quello che impari
da bambino non lo perdi più.
Nelle poche foto d'infanzia che mi ha mostrato, era sempre
accigliato. O forse - più che accigliato - il suo sguardo era
concentrato, pronto, serio, come quello di oggi. Lo sguardo
vigile di chi sta attento a non lasciarsi sottomettere.
Shlomo non parla dei problemi di Israele, delle guerre, degli
attentati, del genocidio che ha coinvolto i suoi nonni. A volte
penso che si senta in colpa per essere andato via. Altre che mi
abbia sposato per lasciarsi tutto alle spalle. (…)
Daria Bignardi da Storia della mia ansia
mentre leggevo le prime frasi mi è risuonata nella mente una domanda: perchè certi amori sono così difficili? poi una possibile risposta si è evidenziata nel racconto... non sapevo che la giornalista avesse scritto un libro così...
RispondiEliminaIl libro della Bignardi è , oltre che interessante per gli spunti di riflessione offerti sulle dinamiche del sentimento d'amore - molto piacevole a leggersi…
RispondiEliminaGrazie