( …) Nell'autunno del 1972 i miei genitori mi accompagnarono al
college. Tutte le cose di cui avevo bisogno, furono stipate in
un baule di alluminio blu nuovo di zecca: una trapunta di
pezze irregolari lavorate all'uncinetto da mia madre per il mio
letto, cento dollari del 4B in vestiti nuovi, il mio Self- Teacher
della Berlitz, le Meditazioni di Marco Aurelio, una fotografia
in cornice, una tabacchiera di pelle con perline che Mooshum
possedeva da tempo immemorabile e che mi aveva regalato
distrattamente, come fanno i vecchi, e da mio padre un fascio
di buste con il suo indirizzo, ciascuna delle quali conteneva un
biglietto da un dollaro nuovo. Aveva appiccicato su ogni busta
speciali francobolli che voleva far timbrare, alcuni in giorni
particolari.
Le altre matricole stavano entrando nelle stanze del dormitorio
con i genitori che le aiutavano a portare i bagagli. Vidi scatole
di paperback, impianti stereo, album di Dylan e chitarre
acustiche di lucido legno dorato. Trapunte fatte a maglia o
ricamate, nessuna delle quali bella come la mia. Ma mentre
portavamo il mio baule su per due rampe di scale, il terrore mi
assalì. Nonostante la mia determinazione di andare a Parigi,
in realtà avevo avuto paura a lasciare la famiglia anche solo
per spingermi fino a Grand Forks, e alla fine pure i miei
genitori non volevano lasciarmi partire. Ma dovevo farlo. Ed
eccomi qua. Scendemmo le scale. Ero troppo infelice per
piangere e non ricordo i nostri ultimi abbracci, ma guardai i
miei genitori quando furono vicini alla macchina. Mi facevano
gesti di saluto, e quel momento è un'immagine ferma e chiara.
Posso evocarla come se fosse una fotografia.
Mio padre, così magro e atletico, sembrava quasi indebolito
dal colpo, mentre mia madre, la cui bellezza era ancora
notevole e che era nota nella riserva per il suo silenzio e
riserbo, aveva perso la sua caratteristica gravità. Il suo viso, e
quello di mio padre, erano denudati dall'amore. Non era una
cosa di cui si parlasse - l'amore - e sentirlo esprimere dalle
labbra stesse dei miei genitori mi terrorizzava. Ma essi mi
permisero quest'unica, nitida occhiata. L'amore si irradiava e
splendeva intorno a loro. Poi andarono via. Oggi penso che
tutto ciò che era concentrato in quell'occhiata - la cura con cui
mi allevarono, le loro pazienti lezioni in ogni materia che
sapevano insegnare, gli sforzi penosi che fecero per
concedermi certe libertà,il loro esempio di fermezza nel lavoro
- mi abbia permesso di sopravvivere a me stessa. (…)
Louise Erdrick da Il giorno dei colombi
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