" Osserviamo tutti le nazioni così barbare come umane, quantunque per immensi spazi di luoghi e tempi tra loro lontane e diversamente fondate, custodire questi tre umani costumi: che tutte hanno qualche religione, tutte contraggono matrimoni solenni, tutte seppelliscono i loro morti " . ( Giambattista Vico )
LA CONDIZIONE UMANA
(…) Nel percorso dell'antropologia fino alla nascita della Civiltà
Occidentale, il problema dell'esistenza di Dio è presente in
maniera fortemente significativa e condizionante.
Se si fa nascere la civiltà con il funerale : la cerimonia che si
occupa di un defunto che - benché morto - si crede mantenga
una presenza nel villaggio e continui a vivere, sia pure in
forma diversa. Il funerale è il rito con cui si accompagna il
defunto nel luogo in cui continuerà a vivere: ad esempio, la
montagna, luogo inadatto all'uomo e - proprio per questo -
possibile dimora dei morti. La scelta dell'ultima dimora è in
parte condizionata dal luogo geografico. Presso le popolazioni
Inuit ( leggi " Il Paese dalle lunghe ombre " , n.d.r. ), il viaggio
è all'interno del mondo ghiacciato e la meta viene raggiunta
navigando su un iceberg, su una lastra di ghiaccio. Presso
queste popolazioni il funerale si compie prima della morte e il
vecchio si allontana dall'igloo, come se il trapassato non
dovesse nemmeno incontrare la morte, ma semplicemente
raggiungere un luogo diverso e più adatto a continuare a
vivere.
La morte forse è la circostanza " naturale" per immaginare un
altro luogo, che nelle sue espressioni giunge alla trascendenza,
generata appunto dalla fantasia. Il funerale come viaggio, è
certamente uno stimolo al pensiero, una spinta al grande
salto dal visibile all'invisibile, dal sensoriale all'immaginario.
E sarebbe incompleta questa " causa" se al pensiero non si
legasse l'affettività, il legame con chi muore, che è ancora
forte perché essenziale alla propria vita.
Il funerale- in questo caso - è la dimostrazione della presenza
del defunto che continua ad esserci sulla montagna o nella
profondità del mare, e il legame è ancora più forte perché egli
ha raggiunto un luogo da dove esercita con più forza le sue
funzioni. L' identificazione del luogo, con il tempo, si fa sentire
più netta e via via, una dimora vaga diventa sempre più
precisa, fino a giungere alla tomba, che è il luogo di quel
defunto e che deve essere esattamente individuato.
La percezione della morte come perdita ha avuto, nel
passaggio da antropologia a storia una forza sconvolgente e
ha creato un ambito del pensiero e dell'affettività, che è il
primum movens per riuscire a legare l'uomo a ciò che non c'è
più, e dunque a pensare a una vita che è quella del post
mortem , necessaria per rispondere al bisogno di capire
( pensiero ), ma anche di vivere ( sentimento ).
E' una grande mutazione dell'uomo perché segna anche la
scoperta di un mondo interiore che nella sua definizione più
semplice e primitiva permette di distinguere gli " imperativi
della sopravvivenza" dai bisogni che - invece - nascono dal
mondo dentro di noi e che formano il primo nucleo della
costruzione della personalità.
Non è esagerato - per analogia - chiamare questo evento il
Big Bang dell' " universo interiore " e anche del pensiero
trascendente. (…)
Vittorino Andreoli da Beata solitudine ( il potere del silenzio )
davvero un post molto interessante, io credo che il funerale e le tombe servono più ai vivi che ai morti, il primo è un modo per dire che è veramente accaduta la perdita, le seconde per ricordare...
RispondiEliminaSì, ha colpito e interessato molto anche me questa sezione del libro dedicata al significato del funerale, sia inteso nella sua accezione antropologica che etica e spirituale.
RispondiEliminaE mi ha fatto pensare quel considerarlo non un semplice rito, momento di commiato, ma " viaggio".( come si legge nel post successivo ).
Mi ha portato alla mente tutti i miti antichi al riguardo, le concezioni funebri di popoli come gli Egizi, e perché no? Anche Caronte " vecchio per antico pelo …" ( Dante- Inferno, Canto III ) che traghettava le anime nell' Ade.
E mettere insieme ciò che si apprende a quello che si ricorda ed è già " immagazzinato" è un ottimo esercizio per la mente. E per la Vita.