Lisboa, velha ciclade cheia de encanto e beleza...
29 Novembre 1920
(...) Ophélinha,
la ringrazio per la lettera. Essa mi ha portato dolore e sollievo
allo stesso tempo. Dolore perché queste cose addolorano
sempre; sollievo perché - in verità - l'unica soluzione è questa:
non prolungare oltre una situazione che ormai non trova più
una giustificazione nell'amore, né da una parte, né dall'altra.
Da parte mia, almeno, resta una stima profonda, un'amicizia
inalterabile.
Lei non mi negherà altrettanto, vero?
Né lei, Ophélinha, né io, abbiamo colpa di tutto questo. Solo il
Destino ne avrebbe la colpa, se il Destino fosse una persona a
cui poter attribuire delle colpe.
Il Tempo, che invecchia i volti e i capelli, invecchia anche , ma
ancora più rapidamente, gli affetti violenti. La maggior parte
della gente, per la sua stupidità, riesce a non accorgersene, e
crede di continuare ad amare perché ha contratto l'abitudine di
sentire se stessa che ama. Se non fosse così, non ci sarebbe al
mondo gente felice. Le creature superiori - tuttavia - sono
private della possibilità di questa illusione perché non possono
credere che l'amore sia duraturo né - quando sentono che esso
è finito, si sbagliano interpretando come amore la stima o la
gratitudine che esso ha lasciato.
Queste cose fanno soffrire, ma poi il dolore passa. Se la stessa
vita - che è tutto - passa, perché non dovrebbero passare l'
amore, il dolore e tutte le altre cose che sono solo parti della
vita?
Nella sua lettera è ingiusta con me,ma la comprendo e la scuso.
Certo l'ha scritta con irritazione, forse perfino con dolore; ma
la maggior parte della gente, uomini e donne avrebbero scritto
- nel suo caso - in un tono ancor più acerbo e in termini ancora
più ingiusti. Ma lei, Ophélinha, ha un meraviglioso carattere
e perfino la sua irritazione non riesce ad essere cattiva.
Quando si sposerà, se non avrà la felicità che si merita,
certamente non sarà colpa sua.
Quanto a me... (...)
continua...
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