martedì 15 agosto 2017
LA RIVOLUZIONE DELLA TENEREZZA 2
(...) Jacques Lacan, dal canto suo, propone una definizione tanto
criptica quanto sorprendente dell'amore, che sembra quasi
inavvertitamente reagire alla riflessione critica di Adorno .
" Amare", afferma infatti Lacan, " è donare quello che non si ha
a qualcuno che non lo vuole" ( "Il Seminario. L'etica della
psicoanalisi" n.d.r. ). Come si può dare ciò che non si
possiede? E a qualcuno che non lo desidera?. L'amore - in
effetti - non domanda mai qualcosa, non è soddisfazione di un
bisogno o fame di un oggetto. Non è il dono di un'immagine
- dell'immagine idealizzata di sé - non è il dono di un talento e
nemmeno di un cibo. La madre non è per il suo bambino
soltanto il seno, il soddisfacimento di un bisogno elementare e
di una pulsione biologica, ma anche il segno, ossia la risposta
a un desiderio d'essere e di una presenza. E' dono di niente,
ossia di qualcosa che non si pone nella dimensione dell'avere
o del non avere, ma sotto il segno del simbolo, del
riconoscimento del nome: è dono non di quello che si ha, ma
di quello che si è, ossia della propria nononnipotenza, della
propria fragilità, del vuoto che un soggetto apre nell'altro nel
momento in cui viene amato. Se il godimento si realizza in
rapporto alle cose e alla Cosa, l'amore vive in rapporto al
desiderio dell' Altro. Il più famoso dialogo sull'amore ( lo si
può trovare nel blog sotto il titolo " Il banchetto di Platone "
nella sezione " registi " ), il Simposio di Platone, ha mostrato
per primo il senso di un rapporto positivo di eros con la
mancanza. L'amore la genera, ma in un certo modo la
custodisce anche, come fosse un antidoto contro ogni
aspettativa illusoria di saturazione del godimento. Nel mito
platonico, Eros è figlio di Povertà ( Penia ) e i Ingegno
( Poros ): vive in una condizione di indigenza, ma fa di tutto
perché questa sia generativa e non distruttiva . (...)
Isabella Guanzini da Tenerezza ( La rivoluzione del potere gentile )
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