LA PERDITA DELLA LIBERTA'
(...) Ma i telefonini si possono spegnere, talvolta non prendono
oppure il credito è finito. E allora ecco tutta quella cascata di
bugie e di giustificazioni a cui siamo costretti quanti sono
raggiungibili in qualsiasi punto della terra, senza potersi
sottrarre a quella sorveglianza continua a cui sono sottoposti
per sentirsi al mondo. Acceso o spento che sia, il cellulare non
ci dà scampo. Se chiamiamo vuol dire che non sappiamo più
attendere e - nell'attesa - pensare ed elaborare; se
rispondiamo siamo in ogni momento alla mercè degli altri ; se
spegniamo il cellulare dobbiamo prima o poi giustificarci.
Come ognuno può constatare, non siamo più liberi, non
abbiamo più chances. Non disponiamo più del nostro tempo per
pensare le nostre risposte perché dobbiamo darle subito e di
corsa; non abbiamo più la possibilità di interiorizzare i nostri
amori perché - se non chiamiamo - è già subito abbandono.
Non sappiamo più stare soli con noi per più di un'ora e così
la nostra interiorità si impoverisce.
E tutto ciò per sapere subito e sul momento che la mamma sta
bene, che la fidanzata ci ama, che l'amico ci aspetta, che il
commercialista è riuscito ad aggiustare le cose, che l'avvocato
ha trovato un buco per riceverci, insomma, che il mondo
esterno c'è e funziona, e noi siamo in mezzo, e ad ogni istante
lo possiamo controllare. Così sappiamo di esistere.
Forse abbiamo perso il soliloquio dell'anima, ma in compenso
il cellulare - anche se con qualche interferenza , con qualche
galleria, con qualche vuoto di campo - ci ha dato il mondo, e
se non proprio il mondo, senz'altro il rumore del mondo.
Un buon baratto, tutto sommato. In cambio ha voluto solo una
grossa fetta della nostra libertà. (...)
Umberto Galimberti da I Miti del nostro tempo
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