ANASTASI- ALZATI IN PIEDI
(...) Aveva ragione il Che quando ha detto : " E' meglio morire in
piedi che vivere in ginocchio ".
Contrariamente a quanto sembra, è più facile essere depressi
che contenti, perché la depressione è un sistema che tende all'
entropia, che regola - in altre parole - l'energia per non
sprecarla, ed è ovvio che serva più energia per uscire da una
depressione che per crogiolarvisi. Nell'immaginario cattolico,
la santa Anastasi è la Resurrezione e non è un caso che l'idea
della resurrezione risulti tanto forte e convincente perché
ognuno di noi - nella sua vita- ha bisogno di risorgere dalle
mille piccole morti emotive di cui facciamo esperienza. Diceva
Mircea Eliade che " nessuna iniziazione è possibile senza un'
agonia, una morte e una resurrezione rituali. Giudicata nella
prospettiva delle religioni primitive, l'angoscia del mondo
moderno è il segno di una morte imminente, ma di una morte
necessaria e salvatrice perché sarà seguita da una resurrezione
e renderà possibile l'accesso ad un nuovo modo di essere:
quello della maturità e della responsabilità".
Ricorda sempre che nessuno, assolutamente nessuno a questo
mondo avanza senza inciampare e senza cadere ripetutamente,
che tutti sbagliamo e facciamo gaffe, che tutti siamo stati
ingannati, traditi o abbandonati almeno una volta. Ma che
tutti abbiamo la capacità di riprenderci dai colpi subiti e
andare avanti, sempre. A volte, proprio le situazioni di maggior
vulnerabilità possono produrre idee, abilità, intuizioni,
conoscenze, impulsi che riappacificano con la vita all'insegna
dell'insopprimibile istinto umano a crescere e a svilupparsi
anche in situazioni difficili. Trascendere le circostanze e dare
un senso al dolore e alla sofferenza, sono fattori che rendono
resistenti tanto i bambini quanto gli adulti, i quali si trovano a
dover gestire situazioni come perdite significative o altri
conflitti come la guerra, la povertà o le dittature. (...)
Lucia Etxebarrìa da Io non soffro per amore
Molto interessanti questi testi a cominciare dal discorso sull'Anastasi, la Resurrezione. Mi piace che l'autrice le attribuisca un significato che entra nella nostra vita e mette radici in essa, tenendo conto delle nostre tante morti emotive. Resurrezione quindi non come qualcosa di disincarnato e lontano che non ci appartiene, ma come una realtà incredibilmente vicina alla nostra vita e che ad essa viene incontro.
RispondiEliminaAlmeno così mi pare di capire.
Grazie!!!
Hai capito bene: è questo un libro scritto non da una terapeuta di professione, ma da un'acuta scrittrice e giornalista che ( come dice lei stessa in altre parti del libro e in altri testi )ha sofferto molto per problemi di " dipendenza " affettiva, per poi liberarsene. E che quindi non solo è vicina alle situazioni del nostro quotidiano in modo molto più concreto di quanto a volte possa fare un'esperta senza " esperienza", ma che si propone di aiutare - con la sua storia e le sue riflessioni - altre donne. Il titolo stesso " Io non soffro per amore",
RispondiEliminanon è da intendersi pertanto come un'affermazione perentoria di chi è al di fuori dagli errori e dagli orrori delle dipendenze, ma forse
sarebbe meglio dire " Io non soffro più per amore" perché ho imparato a rispettarmi e a volermi un po' più di bene; o meglio ancora " Io NON VOGLIO più soffrire per amore ", che è quanto dovremmo imparare a fare noi tutte.
Ti ringrazio, cara amica, per il tuo intervento che mi ha dato l'opportunità di puntualizzare meglio i concetti espressi del testo.