venerdì 2 dicembre 2016
LEGGIADRA STELLA
Shanchin, , Isola di Wight 3 luglio 1819
Mia diletta Signora,
sono contento di non essere riuscito a spedire una lettera che
avevo scritto per te martedì sera - era troppo somigliante a una
della Héloise di Rousseau. Questa mattina sono più ragionevole.
Il mattino è per me la sola ora adatta per scrivere alla bellissima
Ragazza che amo tanto; poiché la sera, quando il solitario giorno
è giunto a conclusione, e la solitaria, silenziosa camera, priva di
armonie, aspetta di accogliermi come in un sepolcro, allora, credimi, la passione mi possiede interamente, allora non vorrei che tu vedessi quegli impeti ai quali un tempo credevo non mi sarei mai
abbandonato e dei quali in altri tempi ho spesso riso, per timore che tu mi giudicassi o troppo infelice o forse un po' folle. Mi trovo
di fronte alla finestra di un bellissimo cottage, che guarda su una
magnifica campagna collinosa e da cui si intravede il mare - la
mattinata è molto bella -. Non so quanto sarebbe agile il mio
spirito, quale piacere proverei nel vivere qui, respirare, vagare
libero come un cervo per questa magnifica costa, se non mi pesasse
tanto il tuo ricordo. Non ho mai conosciuto la pura felicità per
molti giorni di seguito : la morte o la malattia di altri hanno sempre afflitto le mie ore - e ora che non sono oppresso da mille
pene, è duro ammettere che un altro dolore mi perseguita. Chiedi
a te stessa - amore mio - se non sei crudele per avermi irretito così,
per aver distrutto così la mia libertà. Confessalo nella lettera che
devi scrivermi immediatamente e di' tutto ciò che puoi per consolarmi - falla ricca come un filtro di papaveri per inebriarmi -
scrivi le parole più tenere e baciale, che io possa almeno posare le
mie labbra dove furono le tue. Quanto a me, io non so come esprimere la mia adorazione per tanta bellezza: voglio una parola
più luminosa di luminosa, più bella di bella. Vorrei che fossimo
farfalle e vivessimo tre soli giorni d'estate - tre giorni così, con te,
sarebbero più colmi di delizie di quante ne potrebbero contenere
cinquant'anni di vita ordinaria. Ma per quanto io possa sentirmi
egoista, sono sicuro che mai potrò agire come tale: come ti dissi
un giorno o due prima di lasciare Hampstead, non tornerò mai
più a Londra, se il fato non mi assegna un asso o almeno una
figura. Benché io concentri la mia felicità in te, non posso sperare
di occupare interamente il tuo cuore - in verità, se pensassi che
provi per me tutto quello che io provo per te in questo momento,
non credo che potrei trattenermi dal correre da te domani per la gioia di un solo abbraccio. Ma no - io devo vivere di speranza e
caso. Se si verificasse il peggio, ti amerò ancora - ma quale odio
avrò per altri! Alcuni versi letti l'altro giorno mi risuonano di
continuo nelle orecchie:
Vedere quegli occhi a me cari più dei miei
lanciare favori ad altri
e quelle dolci labbra ( prodighe di nettare immortale)
teneramente premute su labbra altrui -
pensa, pensa Francesca, che maledizione
oltre ogni dire!
Scrivi immediatamente. So che prima di sera maledirò me stesso
per averti spedito una lettera così fredda: però è meglio che lo faccia finchè sono padrone dei miei sensi.
Sii buona quanto te lo permette la lontananza, col tuo
J. Keats
John Keats da Leggiadra stella ( lettere a Fanny Brawne)
Struggentemente carica di verità, passano i secoli ma I percorsi dell'anima non cambiano...per chiunque...un pò MIA,per sempre...AUGURI
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