sabato 10 dicembre 2016
JUNG, L' AMORE E IL " METODO "
(...) Il rapporto con Sabina Spielrein fu perturbante. Fu la
nascita di un dio che è come il profumo di Baudelaire: si
può goderne, ma non è mai completamente qui: è insieme
corpo e negazione del corpo. Questo perché l'amore
esclude il possesso dell'altro, la sua afferrabilità. Di ciò
era cosciente Proust quando scriveva: " Capivo l'
impossibilità contro la quale urta l'amore .Ci
immaginiamo che esso abbia per oggetto un essere che
può stare disteso davanti a noi, rinchiuso in un corpo.
Ahimè! Il vero oggetto è l'estensione di quell'essere a tutti
i punti dello spazio e del tempo che esso ha occupato e che
occuperà. E noi non li possiamo toccare, tutti questi punti".
Jung scriveva nei Ricordi" Quale che sia l'interpretazione
che i dotti danno della frase " Dio è amore", il tenore delle
parole conferma che la divinità è una complexio
oppositorum ..Mi sono ripetutamente trovato di fronte
al mistero dell'amore, e non sono mai stato capace di spiegare
che cosa esso sia. Qui si trovano il massimo e il minimo, il più
remoto e il più vicino, il più alto e il più basso, e non si può
mai parlare di uno senza considerare anche l'altro. Non c'è
linguaggio adatto a questo paradosso. Qualunque cosa si
possa dire, nessuna parola potrà mai esprimere tutto".
Ma è anche vero che ogni paziente, all'inizio dell'analisi, si
trova in una situazione di aridità emotiva o comunque di
sofferenza che attiene all'area dei sentimenti. E' come se ci
fosse un divieto, del genere di quelli che si fanno ai bambini.
Esso esiste e si trasforma lentamente nell'impossibilità di
prendere contatto con il mondo e con la vita. Più brevemente:
è un divieto di vivere. La paziente si trova rinchiusa come per
castigo nel suo stesso corpo, costretta con lui a muoversi nel
mondo. Di qui paura ed estraneità, sfiducia in se stessi,
inafferrabilità della realtà. E' una specie di estraneamento di
cui si può anche essere inconsapevoli, perché in apparenza si
desiderano rapporti con altri esseri umani: in realtà si
cercano spazi per continuare il silenzio. Annientata fino in
fondo, la paziente non è neanche consapevole che la necessità
di sopravvivere la fa schierare dalla parte dell'oppressore.
Mentre vive, sceglie di suicidarsi attraverso la vita. L' analista
- in genere - è la prima persona che si prende cura di lei e che
sicuramente è capace di perdonare. L'incontro ha il sapore
della magia, un mistero pieno di aspettative, l'attesa di un dio
buono di cui nutrirsi. E' quasi dar corpo a un sacro segreto
che permette lentamente di ricominciare a vivere. E' come
appropriarsi della forza dell'analista, del suo coraggio, per
affrontare e accettare la verità su se stessi. Si cresce attraverso
la pazienza dell'analista, la sua comprensione, il suo senso di
giustizia, la sua saggezza vissuta come illuminata.
La bellezza del sentimento che scaturisce è anche legata all'
ostacolo intrinseco del rapporto analitico, perché esso sembra
essere sacro e intoccabile. Ma il punto è proprio questo. La
difficoltà, come nell'amore di Tristano e Isotta : " è solamente
un pretesto necessario al procedere della passione, o non è
invece legata alla passione in un modo molto più profondo?
Non è, per chi scruti il mito in tutta la sua profondità, l'oggetto
stesso della passione?". E' come se paziente e analista
debbano, attraverso l'ostacolo, capire l'esistenza dell'altro.
" Ormai l'amore non sarà più fuga e perpetuo rifiuto dell'altro.
Esso incomincia oltre la morte, ma di nuovo si volge verso la
vita. E questa conversione dell'amore fa comparire il
prossimo. (...)
Aldo Carotenuto da Diario da una Segreta Simmetria ( Sabina Spielrein tra Jung e Freud )
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