giovedì 3 novembre 2016
ETTORE
(...) In Ettore, la figura paterna mostra un' unilateralità singolare.
Come Abramo quando alza il coltello su Isacco, ha uno
sguardo pieno di rispetto verso l'alto, non verso il basso.
E' esemplare quando onora il padre celeste, impacciato
quando è padre a sua volta. Giungendo dalla battaglia, Ettore
dà prova di devozione verso Zeus, padre degli uomini e degli
dei. Rifiuta l'invito della madre a libare in onore del dio perché
porta su di sé la polvere e il sangue della battaglia. Ma a
questa consapevolezza del rapporto con il padre celeste, non
corrisponde una consapevolezza del rapporto con il figlio
terrestre: un'immagine chiara di sè come padre, quindi. E'
cosciente delle incrostazioni di polvere e sangue, ma dimentica
di portare su di sé anche l'intera crosta difensiva, l'armatura.
Ora, la corazza non lo difende dal nemico, ma dal figlio.
Come in ogni esistenza complementare, per essere padre non
basta sapere cos'è il padre: bisogna conoscere il figlio e il
rapporto con lui. Inaspettatamente, quest'uomo senza
arroganza, non riesce a chinarsi verso il bambino. Ciò
significa che non sente più l'infanzia dentro di sé. La troppa
consuetudine con adulti guerrieri lo rende straniero ad essa.
(...) Ettore tese le braccia a suo figlio, ma il bambino piegò la
testa piangendo nel seno della nutrice, terrorizzato dalla
vista del padre; lo spaventava il bronzo e il cimiero coi
crini di cavallo che vedeva oscillare terribilmente in cima
all'elmo. Sorrise allora il padre e la nobile madre, e subito
lo splendido Ettore si tolse l'elmo e lo depose, rilucente,
sopra la terra; baciò suo figlio e lo palleggiò fra le braccia (..)
( Omero, Iliade )
Risvegliatosi dal piccolo incidente, il Troiano ora avverte il
pericolo di chiudersi in una malinconia dove tutto è già
accaduto. Formula un augurio per il futuro, leva il figlio in
alto con le braccia e con il pensiero. " Questo gesto sarà per
tutti il segno del padre". Ettore prega per il bambino,
sfidando le leggi dell'epica in suo favore:
" Zeus e voi altri dei, rendete forte questo mio figlio. E che un
giorno, vedendolo tornare dal campo di battaglia, qualcuno
dica :" E' molto più forte del padre". Parole rivoluzionarie. La
preghiera di Ettore ha travolto l'onnipotenza immobile del mito,
rendendo il bambino figlio, e il figlio speranza in qualcosa di
migliore dei tempi mitici. Per dare forza ad un passato che
doveva essere un modello irraggiungibile, l'epica ricordava
che gli uomini diventano più deboli con il passare delle
generazioni. Ma Ettore prega gli dei perché accordino proprio
il contrario : che suo figlio diventi più forte di lui.Oggi non è
facile immaginare un padre altrettanto generoso. Le
interpretazioni oggi prevalenti vedono nei rapporti padre -
figlio una costante presenza di invidia e di gelosia omicida.
Ma la mentalità moderna, nell'atto stesso in cui ha inventato un
simile sospetto, ha anche cercato di negare che si tratti di
un' interpretazione recente, attribuendone l'origine proprio al
mito greco : secondo la teoria di Freud, la rivalità omicida
tra padre e figlio risalirebbe al re greco Edipo. Scontando
questa interpretazione, la diffidenza tra generazioni è diventata
un fatto stabile: sono proprio i padri moderni quelli a cui non
è più concesso di farsi sorprendere senza armatura.
Ad Astianatte è invece riuscito ciò che per i Greci era quasi
impensabile : fare sperare i padri nel futuro e congiungerlo per
un attimo - in un unico sentimento - alla madre.
Due esseri così diversi da stentare a parlarsi, sono uniti dal
figlio che non parla. La scena rompe l'austerità dell'epica con
un anacronismo intimista e quasi cristiano. (...)
Luigi Zoja da Il gesto di Ettore
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