lunedì 21 gennaio 2019

IL TURNO DI NOTTE DI ERIKA



(…) Nel pubblicare le ultime poesie di Erika Burkart, Ernst Halter,
       suo compagno di vita, afferma - nella breve introduzione al
       volume - che queste poesie sono state scritte aspettando la
       morte. Ed è in questa traccia che dobbiamo leggerle. Una
       traccia di morte che ci fa subito inquadrare la poetessa in uno
       specchio di luce rilkiano, ma con una grande differenza: in
       Rilke la morte è necessaria a tracciare i confini della vita. E' la
       parte in ombra che dà rotondità al vaso. In Erika la morte è
     solo la presenza minacciosa che ci fa amare la vita.Si può anche
      dire che la morte per Rilke è un punto di partenza e di arrivo,
      un cerchio che racchiude in sé l'esperienza della vita, viaggio
      tanto più significativo quanto più breve, nient'altro che una
      nostalgia di morte, mentre per Erika la Morte insegue l'uomo,
      preso in una continua fuga dalla morte stessa, incombente. Il
      suo punto di avvio è la Vita, a partire dai ricordi d'infanzia e
      dal mitico mondo della fiaba.
      Per un buon tratto della sua vita, Erika fu maestra di scuola
      elementare e,se le biografie avessero un qualche significato per
     spiegare la produzione poetica,si potrebbe facilmente ipotizzare
      questo periodo come una sorta di incubatrice di Poesia, una
      sorta di serbatoio di fiabe o di esperienze infantili cui la
      poetessa avrebbe poi attinto, sempre.
      Inoltre, grazie ad una confusa percezione del mondo e dei
      ricordi ( dovuta in buona parte alla malattia ), la  poesia di
      Erika Burkart si fa più saggia e quasi assume uno stigma
      filosofico, riflessivo e metapoietico. Riflettere sulla creatività
      diventa per lei salvezza provvisoria dalla Morte, piccola fuga
      da una minaccia incombente: la distruzione fisica. E la
      esorcizza vedendosi come già morta e trasformata in aria e
      concime, cioè cremata o sepolta, ma lo dice negando di esserlo.
     

   "  Inizio la giornata controvoglia,
      ingoiando tre medicine;
      le ore si incantano, le ore trascorrono,
      si rannuvola il mezzodì, rossa è la sera -
      non sono ancora morta, non sono priva
      del fluttuante ricordo,
      che fui un tempo più che aria e concime…"



                  Nino  Muzzi    ( presentazione ) di    Turno di notte

3 commenti:

  1. Una presentazione profonda per un tema molto delicato, che si può affrontare in punta di piedi perché diverso per ciascuno di noi il vissuto e il senso della vita e della morte, in fondo due facce della stessa medaglia

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  2. Certo, il tema della morte - pur appartenendo a tutti - è estremamente delicato e ognuno ha il proprio modo di sentirlo e di " prepararsi " all'evento.
    Ma qui c'è anche la concomitanza di una malattia ( credo si tratti del Morbo di Alzheimer- anche se non è mai esplicitato chiaramente ) che cambia i connotati della questione. Dice infatti il prefattore: " Attraverso la memoria, la sua non fu una perdita, bensì una riconquista di se stessa bambina, di se stessa che sta all'inizio della vita e tutto deve ancora succedere…"

    Curva sulla terra
    sale la luna dalla collina
    dove di domenica di mille anni fa,
    quando la mamma dietro il bancone
    lucidava i bicchieri, la bimba
    stava in piedi nell'erba alta fino al petto,
    occhi negli occhi coi fiori.

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    1. Grazie per l'approfondimento, certo una patologia terribile, anche per chi è accanto, forse di più

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