martedì 17 luglio 2018

PER L'ANNO DELLA DEMENZA

 
 

                                                       Vedo me stessa spezzata in due…





PREGHIERA

O Maria, fragile madre,
adesso ascoltami, ascoltami adesso
anche se non capisco le tue parole.
Un rosario nero con Cristo d'argento
si adagia fra le mie mani, si sconsacra
perché io non ci credo.
Ogni grano è rotondo e duro
fra le dita, un angioletto nero.
O Maria, concedimi la grazia
di questa conversione,
anche se sono brutta,
anche se sono sommersa
dalla pazzia, dal mio passato.
Ho anche le sedie
ma mi sdraio per terra.
Sono vive solo le mani
che toccano i grani.
Snocciolando parole
la lingua s'intreccia.
Una principiante: la mia bocca
aderisce alla tua, lo sento.

Come le onde mi schiaffeggiano
i grani che conto - derelitta -
la conta mi ammorba
e la finestra che mi sovrasta
è la sola che ascolta
il mio ciocco di carne che borbotta.
E' la consolatrice e elargisce.
Come un pesce enorme
dona il respiro
ed esalano i polmoni mormorando.

S'avvicina, s'avvicina
l'ora della mia morte
mentre mi rifaccio il trucco
e torno come prima
come prima dello sviluppo
quando portavo i capelli lisci.
E' così la morte.
C'è nella mente il Viuzzo Morte
ed io ci sguazzo.
Il mio corpo è inutile.
Si arrende.
Come una cagna sullo stuoino
acciambellata, inerte.
Qui non ci sono parole, tranne
l'imparaticcio avemmariapienadigrazia.
Ed ecco che entro nell'anno senza parola.
L'entrata è assurda e esatto il voltaggio.
Esistono senza parola.
Senza parole si può toccare
e ricevere il pane senza fare
nemmeno un suono.

O Maria, tenera medichessa,
portami polveri ed erbe
perché sono esattamente nel cuore.
E' troppo piccolo e l'aria è grigia
come fossi in una casa a pressione.
Mi versano vino come si versa latte
a un bambino, offerto in un delicato
bicchiere dalla coppa rotonda
e dal bordo sottile, un vino impeciato
che sa di stantio e di segreto.
Il bicchiere si solleva e
si avvicina alla bocca da solo.
E io lo vedo e io capisco
solo perché è successo.
Ho paura, paura di tossire
ma non dimentico niente,paura
della pioggia e del cavaliere che galoppa
e s'avvicina per entrarmi in bocca.
Il bicchiere si inclina da solo
e io prendo fuoco.
Vedo due rivoli sottili
colare bruciandomi il mento.
Vedo me stessa spezzata in due.
Un'altra e me stessa.

O Maria, sbatti le palpebre.
Sono nel dominio del silenzio,
nel reame dormiente dei pazzi.
Qui c'è il sangue
e l'ho mangiato.
O madre dell'utero,
sono venuta qui solo per il sangue?
O mammina,
sono dentro nella mia mente.
Sono rinchiusa nella casa sbagliata.


              Anne Sexton    da      Poesie d'amore

2 commenti:

  1. è drammaticamente struggente, ma riconosco una familiarità, come se avesse espresso in parole ciò che non aveva parole, un corpo che prega quando la mente non farfuglia nulla...

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  2. Che bella la tua espressione : " Come se avesse espresso in parole ciò che non aveva parole…". Sembra un paradosso, ma quanto è profondamente vera.
    Non occorrono altre parole per commentare.
    E quanto è illuminante ( e consolante ) sapere che anche il corpo può pregare...la carne quando il pensiero manca, ottenebrato dalla fatiche e dai dolori.
    Grazie.

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