domenica 1 luglio 2018

LA RESTITUZIONE 2

 

(…)La restituzione origina dunque dalla gratitudine,che è memoria
     di un bene ricevuto. E' grazia, gratuità, riconoscenza della
     relazione imprescindibile che ci forma e ci nutre: comprensione
     di sé come parte di un sistema di relazioni, ricomprensione di sé
     e degli altri come inestricabilmente collegati.
     La gratitudine è l'anima più profonda del dono gratuito, non
     mutuo, non " contrattuale", mentre il dono non gratuito
     presuppone, anzi pretende, il contraccambio.
     La gratitudine è priva di valore economico proprio perché non è
     scambiabile: nel momento dello scambio perderebbe infatti la
     propria peculiarità di essere gratuita, restituzione libera,
     riconoscenza - appunto -,  e non solo sapere nuovo, ma atto
     generativo, creativo. In questa dinamica, critico è non solo il
     dare - che rischia di obbligare, vincolare più o meno
     intenzionalmente il ricevente -, ma anche il ricevere. Si può
     ricevere senza sentirsi obbligati a contraccambiare, a dare
     almeno nella stessa misura? .Sì, se pensiamo che è dalla nascita
     che riceviamo incessabilmente, che ci costituiamo - appunto -
     nella relazione. Ci si può sentire grati non obbligati,  grati di un
     dono gratuito.
     L'obbligo di restituire attiene ai sistemi di tassazione, a un
     calcolo preciso di quanto vale ciò che si è costruito e ricevuto.
     La gratitudine, in quanto priva di calcolo, si basa su un'
     intuizione, su una percezione positiva di sé e dell'Altro. La
     gratuità si può solo accogliere quando ci si propone.
     Si può dunque ricevere senza sentirsi obbligati verso chi dà ?
     Sì, nella misura in cui ci si è abituati a dare senza pretendere,
     senza cioè definire gli atti conseguenti propri e altrui, senza
     voler determinare - in forza del potere di un dono - sé e gli altri;
     sì, nella misura in cui ci si è aperti agli accadimenti, senza
     ricondurli esclusivamente alle proprie ragioni; sì nella misura
     in cui si è mentalmente ( e spiritualmente ) in ricerca, cioè
     scettici. " Levinàs ridefinisce la ragione proprio come questa
     possibilità di ricevere, sovvertendo questa sua pretesa
     sovranità". Si può ricevere con gratitudine nella misura in cui
     si è in grado di dimostrare - dando e ricevendo - che si è
     interessati ad un bene comune, ad  aumentare il proprio
     reciproco interesse, a privilegiare la propria e altrui felicità.
     La felicità ( star bene nel mondo ) " rompe" il tempo, inserisce
     una frattura nello scorrere ininterrotto delle cose, rendendolo
     indifferente: allontana da noi l'angoscia dello spreco del tempo,
     sospende la sottrazione irrecuperabile che ci divora.
     Lo stare bene con se stessi e con il mondo non rimanda ad altre
     aspettative inesauste - perché sempre deluse - e non chiede
     altro tempo se non quello che si vive. E ci rende più liberi.
    
    Ci si sente liberi perché si è ricevuto e si riceve molto, perché si
    è riconoscenti alla vita.
    E' il riconoscimento della non autosufficienza al alimentare il
    desiderio di libertà .  (…)


              Carlo  Penati  da     La Restituzione ( Saggio breve )

2 commenti:

  1. Davvero molto bello e se diventasse realtà quotidiana sarebbe più lieve vivere, tenendo tutti presente come obiettivo il bene comune, la circolarità dell'amore gratuito, un'esperienza che, purtroppo, è molto rara fare nella vita... l'unico vero amore gratuito è quello di Dio ed arriva a noi attraverso quei canali aperti del Suo amore che dovremmo essere tutti noi...

    RispondiElimina
  2. Indipendentemente dal fatto di essere credenti o no ( che fa comunque la differenza ), la Restituzione della gratitudine dovrebbe rappresentare una sorta di " dovere" etico indiscutibile.
    Il fatto che siamo invece qui ad argomentarne, ci dice quanto obsoleta sia invece la questione.
    Grazie a te del contributo di pensiero e del sentire.

    RispondiElimina