mercoledì 17 gennaio 2018

RITI E MITI DELLA SEDUZIONE 2



(...) L'abbaglio in cui cadiamo consiste nel ritenere che ciò che
      attraverso il volto dell'altro si palesa, è l'immagine migliore di
      noi, e non è mai così. L'obliquità della seduzione consiste
      proprio in questo abbaglio: siamo sedotti da un'immagine che
      riteniamo ideale, salvo poi accorgerci che ha il volto dei nostri
      più riposti fantasmi.
      La qualità perturbante dell'oggetto desiderato è data proprio
     dal fatto che non ci è possibile vederlo nella sua realtà obiettiva
      perché il suo volto - come accade per i personaggi del sogno - è
      formato dalla sovrapposizione di nostre immagini interiori,
      dalla condensazione di più volti. Un viso che - come tale - non
      riusciamo mai a focalizzare perfettamente e che subisce
      continue metamorfosi a seconda dei nostri movimenti
      transferali. Ecco allora che l'amato o l'amata possono
      contemporaneamente apparirci ora come l'incarnazione di una
      promessa di appagamento, ora come traditori delle nostre
      aspettative. La qualità dunque dell'oggetto di seduzione è
      sempre ambivalente: da una parte esso promette di poter
      appagare il desiderio, dall'altro continuamente procrastina
      tale momento, rimandandolo nel tempo. E' questo l'inganno
      della seduzione, il suo fascino potente. Se ciò accade è perché
      solo attraverso lo scambio fecondo, che la relazione rende
      possibile, noi possiamo conoscerci, possiamo esplorare tutti i
      territori che compongono i nostri paesaggi interiori. E - come
      per i panorami che ci circondano - anche in noi ci sono picchi
      e valli, vette e abissi, oscurità che ci impauriscono per il
      fascino che incutono, per l'attrazione che esercitano.
      Il genio di Freud aveva intuito che il desiderio è mosso dalla
      paura ed è per questo che la frase di Proust suona così vera
      alle nostre orecchie: si ama ciò che nella sua enigmaticità
      rende presente la nostra stessa incommensurabilità, la nostra
      inquietudine di esseri incompleti, continuamente in cerca di
      un altro che - vogliamo illuderci - ricomponga la nostra
      scissione, salvo poi accorgerci che lui è proprio la
      dimostrazione del nostro essere divisi. La caratteristica
      perturbante dell'oggetto di seduzione, che attrae e vincola il
      sedotto è la sua ambivalenza.
      Freud asserisce che il perturbante sopraggiunge ogniqualvolta
      il confine tra realtà e fantasia si fa labile, ogniqualvolta sfumi
      il limite tra reale e immaginario, per cui ciò che ci attrae ha
      insieme la natura di un'apparizione e la forza trascinante di
      una presenza concreta. Tale per il sedotto è l'immagine del suo
      oggetto desiderato, tanto più perturbante quanto più questo non
      può mai essere pienamente raggiunto e posseduto.  (...)


             Aldo  Carotenuto   da   Riti e miti della seduzione
      

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