martedì 2 gennaio 2018

L' AMORE SENZA RISERVE 2

 
 
(...) Vedo i suoi occhi neri, profondi, tristi, supplichevoli e
      dolcissimi aderire ai miei per qualche secondo. Probabilmente
      in quei momenti il suo sguardo è vicinissimo a me come quello
      di nessun altro essere vivente. Eppure resta - in quello stesso
      tempo - lontanissimo, inafferrabile, luogo di un'alterità totale,
      inammissibile alla vita umana. Guardare lo sguardo di un cane
      che ci ama " senza riserve" - che ci ama solo per quello che
      siamo e non per quello che dovremmo o vorremmo essere,
      preciserebbe, giustamente, Lacan - " significa essere di fronte
      ad un segreto inviolabile, a un mistero in piena luce.
      Questo sguardo - lo sguardo di Alaska - non è quello
      semplicemente assente, robotico, anonimo della macchina
     - come invece avrebbe pensato Cartesio -, ma una sorta di
      profondità che non conosce fondo. L' animale può amare
     " senza riserve", in modo assoluto, senza ambivalenza, senza
      ambiguità, senza incertezze, fedelmente. Può amare così perché
      è senza fantasma, perché in lui la forza dell'amore si
      sovrappone pienamente a quella dell'istinto. Sa amarmi
     - appunto - solo per quello che sono. Forse che lo sguardo dell'
      animale nella sua profondità sia cieco? Forse che questo
      sguardo non sia in grado di cogliere l'ambiguità e l'inganno?
      Forse che questo sguardo non solo non sappia fingere ma -
      come ricorda Lacan  - non sappia fingere di fingere?. Dunque
      non possa mentire, non possa frodare, non possa suggestionare
      né possa conoscere la passione atroce del fantasma
      sacrificale?. E' un'altra osservazione di Lacan: l'animale può
      depistare l'inseguitore, ma non può fingere di depistarlo, non
      può fingere di fingere. Il suo rapporto col linguaggio resta di
      tipo reattivo e non soggettivo. Per questo forse, come si dice,
      ogni animale assomiglia sempre al suo padrone, è catturato
      in un'identificazione mimetica, senza scarti. Esistono storie  di
      cani o di cavalli che si gettano nelle acque tempestose per
      salvare il loro padrone, " sacrificando" così la loro vita.
      Ma questo sacrificio di sé non ha nulla a che vedere con la
      trama inconscia del fantasma sacrificale. Sembra piuttosto
      l'esito di una piena identificazione: il cane e il cavallo non si
      aspettano nulla dal loro gesto, non hanno alcun Dio
      onnipotente a cui rivolgersi,né alcun grande Altro da invocare;
      nessun desiderio da realizzare. Il loro gesto è piuttosto segno
      di un'adesione senza scarti al loro oggetto d'amore. Come
      accadde ad Argo, il cane di Ulisse, che potè finalmente morire
      solo quando ritrovò la sagoma perduta del suo vecchio
      padrone.  (...)

Massimo  Recalcati da  Contro il sacrificio ( Al di là del fantasma sacrificale )

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