mercoledì 18 ottobre 2017

CIRCOLAZIONE A PIU' CUORI 4


LETTERA AD UNA COGNATA IN MORTE DEL FRATELLO

Roma, 29 Maggio 1973

Cara Angiola,
eccomi di nuovo a tentare un'appendice al viatico. Ho parlato con te pochi minuti fa, e già avevo parlato ieri, lunedì. Entrambe le volte ti ho sentita in grande amarezza; al telefono non si parla bene
di certe cose, perciò ti scrivo.
Una volta ti dicevo che il lutto è una grande tentazione; la tentazione - direi la gola - del proprio dolore; qualcosa che ci esclude dagli altri, ci marchia e segna, e insieme ci privilegia; anche la malattia è una tentazione, quel male che ci colpisce e che noi non siamo tenuti né a capire, né a sciogliere; e il lutto può essere una malattia. E tuttavia lutto e malattia sono anche errori.Quando ti sento dire:" Dicono che il tempo aiuta, ma lo vedi che non è vero", riconosco l'errore della malattia e del lutto. Se tu vivi la separazione dalla persona amata come un dolore privato, un
dolore che ti ha e che tu tieni, un dolore di cui sei gelosa e che è geloso di te, un dolore che non ti consente di amare altro che lui, il
dolore per cui tutta la capacità di amare è risucchiata dal suo buco oscuro e lì scompare, come un'acqua furibonda ma indifferente alla terra che ne ha bisogno, allora il dolore è enorme ed è inutile.
Non lo puoi dividere con nessuno: nessuno può sedersi vicino a te e mangiare con te; il dolore resta dolore - ogni giorno  che passa -
e non diventa altra cosa; la mutilazione non dà luogo a nessuna crescita; il dolore non è neppure comune alle altre persone che con te ne partecipano e tu te ne cibi in solitudine o, quando la sua gelosia diventa intollerabile, ne fuggi; pensi che forse il tempo potrà abituarti alla compagnia dell'assenza; ma in quel momento esso è un male, una crescita notturna, qualcosa di aspramente sterile. Quando il destino ci separa da una delle forme che ci hanno consentito - in questa breve vita - di sapere che cos'è l'amore, allora dobbiamo imparare a conoscere l'amore nella sua forma assoluta, nella forma in cui l'essere noi stati amati era una manifestazione, come l'avere noi amato.
Avere conosciuto una persona capace di generare amore in modo così caldo e disinteressato, è un privilegio che tu hai avuto più di noi tutti, sebbene anche noi ne abbiamo partecipato. Ma è ora che la qualità tremenda del privilegio si riveli, ora che la sua violenza dolorosa è di pari intensità della sua ricchezza vitale. La scomparsa di Renzo lascia libera la forma assoluta dell'amore, che in nessuna vita può apparire se non come luce provvisoria. La tua solitudine è amara, ma non c'è mai stata illuminazione senza croce, anzi senza crocefissione. Se tu cercherai di assorbire il tuo dolore direttamente, come tale, senza trasmutarlo, non ci riuscirai e soffrirai ininterrottamente; potrai soffrire di meno solo diminuendo l'intensità della crocefissione; ma il dolore deve insieme restare intero e trasmutarsi: allora non spererai nel tempo e non ne avrai bisogno perché con un dolore fecondo si può vivere una vita, e val la pena di viverla.... (...)

              Giorgio


     Giorgio Manganelli    da   Circolazione a più cuori ( Lettere familiari )


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