sabato 8 luglio 2017

ANCHE QUESTO SILENZIO E' COLPEVOLE

 
 

                 
                                                                  Sempiternam requiem





Anche questo silenzio è colpevole
e dei corpi rimane sempre un'ombra
discreta ai margini della stanza.
Volevo interrogarla
ma era senza testa
eppure ero certo che mi stesse scrutando.
Così le ho detto " parla"
e una voce greve mi ha scosso il ventre
come un vuoto d'aria.

" Si viene al mondo in un tramestìo di voci
   ma il commiato è un rito quieto
   che si celebra per sottrazione.
   Quando ci siamo guardati negli abissi
   sapevamo di scontare il prezzo della luce
   che s'incunea
   sotto la coltre murata delle acque
   perché gli occhi sono l'ultimo confine dell'esistere
   perché gli occhi restano
   alla pietà del destino che stenta".



Quando saremo morti
il solleone inciderà
il nostro nome nuovo
nei rigagnoli ai lati delle strade
uno sfolgorìo di sinapsi
nei pomeriggi arrochiti
dall'estate.
E sarà bellissimo
come un'idea
il graffito di Dio
e il fango e i piedi nudi dei fanciulli
e il mondo fuori, la terra dei fuochi
l'aria cinerina
non sarà che un parlare ozioso.




Quando con la mano
cercherò le gore del tuo pianto
la fiamma sarà il silenzio
di una cattedrale
e la cenere ci occluderà il petto
con la boria delle false promesse:

" Le nostre voci sono l'aria che manca
   ma so che non avrai paura. "




Il tuo corpo ha radici profonde
nelle feritoie del costato.
Il tuo corpo s'intreccia
nello spazio bianco
che separa i feti
destinati a morire:
perché davvero non è questo
il tempo di piangere gli anziani
ma di scrivere al figlio
che mi verrà in sogno
a cauterizzare le ferite.
Piangere i morti di domani
è la nostra condanna.




C'è una luce nella stanza
che divide l'attesa:
il corpo è impaziente
come la mela che annerisce
o l'insetto caduco di maggio
che ha fretta di morire.
E' immorale la bellezza
che ci rende soli
e il silenzio più lungo
è sempre quello
che sta per essere infranto
nel momento sbagliato.
Nessun luogo
ci appartiene veramente
e mentre il sacro discolora
nell'occhio tumido,
un dio minore se la ride
alle nostre spalle.


           Giovanni  Ibello                Inediti

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