giovedì 1 giugno 2017

AMORE 3



(...) Ma che ne è dell' Io e de Sé quando Amore lo accoglie? Che ne
      è dell'uomo e del dio quando Amore li " interpreta?". Nel
      Convito , fin dalle prima battute, il discorso di Socrate
     " amore è amore di qualcosa", l'elemento " intenzionale" che lo
      connota è " la bramosia di creare nella bellezza". C'è quindi in
      Amore un'intenzione generativa che scuote la staticità del
      simbolo che compone terra e cielo, nella dinamicità di un 
      evento che da quella composizione nasce. Amore non lascia le
      cose come sono, ma " porta fuori quel fondo ascoso di cui
      ciascuno è gravido, ponendo fine alle doglie ( Repubblica VI ).
      E chi ha così generato " conosce veramente e vive e trova
      alimento".
      Amore allora è simbolo non solo perché collega: " Cielo e terra
      si distaccherebbero l'uno dall'altro senza eros ( Convito ), ma
      perché genera : " genera un fuoco nell'anima che ormai può
      alimentarsi da sé " ( VII lettera ).  Jung, oltre al collegamento,
      ha colto nel simbolo anche l'altro aspetto segnalato da Platone:
      la generazione che, essendo generazione interna, è
      propriamente "trasformazione" e, sia pure con un'espressione
      appesantita da un improprio impiego naturalistico, scrive: " La
      macchina psicologica che trasforma l'energia è il simbolo ".
      Il simbolo- dunque - collegando, genera. E ciò che genera è
      l'uomo nuovo che scaturisce dal dialogo ininterrotto dell' Io e
      del Sé tra loro collegati. A questo dialogo Jung ha dato il nome
      di " processo di individuazione" che si alimenta, come nella
      metafora platonica della generazione , " di vera conoscenza
      e vera vita". Una vita che si conosce e che si esprime
     " raccogliendosi " di continuo dalle sue sempre possibili
      lacerazioni. Non la morte - infatti - ma la lacerazione è il
      castigo di Dio.
    " Volendo Zeus castigare l'uomo senza distruggerlo, lo tagliò
       in due "  ( Convito ).   (...)


Umberto Galimberti  da   La terra  senza il male.Jung: dall'inconscio al simbolo

     

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