venerdì 2 giugno 2017

A***

 
 


                  Devo stare attento a non cadere nei tuoi occhi se mi vieni più vicino...





Tu sei il mio amore da molti anni
la mia vertigine in tanta attesa
che nulla può invecchiare, raffreddare;
anche ciò che aspettava la nostra morte,
o che lentamente ci combattè,
anche ciò che ci è estraneo,
le mie eclissi e i miei ritorni.

Chiusa come un'anta di bosso
un'estrema compatta fortuna
e la nostra catena di monti
il nostro schiacciante splendore.

Dico fortuna, o mia martellata;
ognuno di noi può ricevere
la parte di mistero dell'altro
e non rivelare il segreto;
e il dolore che viene dall'altrove
trova - finalmente - la sua separazione
nella carne della nostra unione.
Trova - finalmente - la sua strada solare
al centro del nostro sciame
che essa lacera e ricomincia.

Dico fortuna come sento.
Hai innalzato la vetta
che la mia attesa dovrà raggiungere
quando il domani sparirà.


    René Char  da     Ricerca della base e della vetta


2 commenti:

  1. "ognuno di noi può ricevere
    la parte di mistero dell'altro".

    Semplicemente grazie!

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  2. Mi piace pensare che noi - pur nella confidenza e dentro un'intimità anche profonda - possiamo conservare spazi di " mistero " inconoscibili, ma non perché ci proponiamo deliberatamente di tener celato qualcosa di noi, ma perché è proprio della natura dell'uomo, che è umana e nello stesso tempo divina, avere questa prerogativa. E credo anche sia un bene per i rapporti che intessiamo: ti immagini la noia quando ci si dovesse accorgere che non c'è più nulla da scoprire ?

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