giovedì 4 maggio 2017

BEETHOVEN - SONATA N.32, OP.111 (3 )



(...) Kretzschmar concluse con poche parole la conferenza sul
      quesito: perché Beethoven non abbia aggiunto un terzo tempo
      all'opera 111. Un terzo tempo?. Una nuova ripresa dopo questo
      addio?. Un ritorno dopo questo commiato?, Impossibile: tutto
      era fatto. Nel secondo tempo la sonata aveva raggiunto la fine,
      la fine senza ritorno. E dicendo " la sonata " non alludo solo
      alla sonata in do minore, ma intendo la sonata in genere come
      forma estetica. Qui termina la sonata perché ha compiuto la
      sua missione, toccando la meta oltre la quale non è possibile
      andare. Quel cenno d'addio del motivo re-sol sol confortato
      melodicamente dal do diesis era un addio anche in questo
      senso, nel senso grande come l'intera composizione, il
      commiato " della Sonata".
      Ma non si trattava soltanto del commiato della Sonata.
      Dopo la 111 beethoviana, ne furono scritte molte altre, a
      cominciare dalle tre di Chopin, da Shubert e da Brahms.
      In realtà si trattava dell'incontro con la morte, come del resto
      lo stesso Thomas Mann accenna in un altro punto di quelle
      pagine.
      Il Maestro compose la 111 nel 1822 e morì cinque anni dopo,
      ma in questo caso la cronologia ha poca importanza.
      Ciascuno di noi fa i conti con la morte a suo modo e nel
      momento in cui sente di doverli fare. Lui li fece scrivendo sulla
      carta rigata quelle cinque note del do diesis -re - sol sol che
      passano da un sussurro a un tocco forte e insistito, a un
      lunghissimo trillo nella parte più alta della tastiera che sembra
      un singhiozzo senza fine e scatena una corsa dagli alti ai
      bassi più profondi, quasi a ripercorrere l'intera vita,
      tempestosa, intensissima, dominata dalla passione e dedicata
      interamente alla più sublime delle arti. Su e giù su quei tasti,
      dal pianissimo al maestoso, per tornare a quelle cinque note
      contrappuntate in sordina dalla mano sinistra, il tumulto
      soffocato del cuore che accompagna la limpidità melodica.
      Il finale si conclude straordinariamente in " pianissimo".
      L'ultimo battito, poi il silenzio.
      Lui, i conti con la morte li ha fatti così. (...)


        Eugenio  Scalfari    da   Scuote l'anima mia Eros

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