domenica 7 maggio 2017

DI ABBANDONO SI MUORE 3



(...) L'abbandono fa dunque soffrire come cani, ma a capirlo
      sembra siano solo gli " ammalati". Gli altri, anche quelli che ci
      sono già passati, sottovalutano, ci offrono il loro blando
      pietismo, più spesso scherniscono. Se poi l'abbandonato è un
      giovane o un vecchio, l'incomprensione è totale.
      Con la scusa che a sedici anni non si può sapere cosa sia " il
      vero amore ", gli adulti non prendono mai troppo sul serio le
      cotte dei ragazzi, a meno che  non provochino problemi di
      genere pratico, tipo - orrore sommo! - distogliere dagli studi.
      Ancora meno accoglienza trova la disperazione di un
      quindicenne piantato. Tanto i rapporti precoci non sono
      destinati a durare... e poi non è meglio che i maschi facciano
      esperienza?. I maschi, attenzione. I soli maschi. Perché se di
      fronte ai rapporti sessuali delle giovani figlie femmine i
      genitori del XXI secolo non fanno più la faccia feroce, ma
      anzi sorridono, e accolgono lo pseudogenero in casa e gli
      permettono di dormire nello stesso letto della sua pseudo
      moglie, in una parola delle coppie adulte, è solo pensando che
      questo sia il male minore: la figlioletta " accasata" non crea
      problemi, non scoccia, è sotto controllo. E non sarebbe
      auspicabile che passasse da un ragazzo all'altro: eh no, non
      è proprio una bella cosa... Certo, il figlioletto accasato è
      rassicurante anche lui. Ma sotto sotto mamma e papà non
      possono non fare a meno di vedere la sua storia a due come
      una prigione, una limitazione... quindi tanto meglio se viene
      piantato. Stupido lui, a non aver preso l'iniziativa e ad aver
      subito questo smacco. Però, guardiamo le cose dal loro lato
      positivo: quella era una cretina, tu puoi pretendere molto di
      più!
      No, gli adulti non capiscono e non hanno mai capito quanto i
      giovanissimi possono soffrire per amore. E ugualmente non
      capiscono che la stessa sofferenza possa riguardare i vecchi.
      Un ragazzino che si spara perché la compagna di classe l'ha
      lasciato?. Chissà che grossi problemi avrà avuto in famiglia.
      Un ottantenne che uccide la moglie da cui è separato da
      cinque anni perché lei non accetta di tornare con lui?
      Poveraccio, senz'altro non ci stava con la testa. Un
      rimbambito. Quanti danni fa l'arteriosclerosi.
      Invece eccoli qui, giovani e vecchi, adolescenti e nonnetti a
      trasformare il gioco del CREPA in un'orribile realtà. Proprio
      come i ventenni, i trentenni, i quarantenni. Le cronache non
      conoscono discriminazioni anagrafiche quando si tratta di
      omicidi e suicidi compiuti per la disperazione di essere stati
      abbandonati .  (...)


           Susanna   Schimperna  da    Abbandonati e contenti
     

4 commenti:

  1. Colgono nel segno le osservazioni di questo testo. C'è talora un'incapacità profonda ad immergersi nelle sofferenze degli altri, se non si è mai bevuta quella stessa acqua colma di amarezza. Peggio ancora, può essere addirittura la tentazione di un facile giudizio.
    Grazie, Frida, di offrirci pagine così incisive e vere che tolgono la maschera a tanti comportamenti.
    Ti abbraccio!!!!

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  2. Ti rispondo con le parole stesse dell'autrice, in particolare quelle tratte dall' introduzione. Esprimono compiutamente il mio pensiero.
    "Non scrivo mai di cose che conosco solo per sentito dire. Scrivo di cose che ho provato, e che ho provato spesso in modo esagerato. E' una delle caratteristiche più eclatanti dei miei libri, dei miei articoli, di quello che dico: chi è coinvolto da quel tema - a livello emotivo - percepisce qualcosa che lo tocca nel profondo, e lo fa arrabbiare, e lo fa piangere: gli fa sperare di aver trovato una cura ".
    Completo il discorso trascrivendoti la dedica dell'autrice: " A mia sorella Paola, che è incapace di abbandonare".
    Cara amica, devo dire che sono rimasta folgorata da questa dedica, che mi ha fatto molto riflettere. Di solito si questiona su chi abbandona, accusandolo ( lui o lei ) di insensibilità, quando non addirittura di crudeltà. Ora, io qui non voglio fare l'apologia dell'abbandono ( come modalità semplicistica e a volte irresponsabile per uscire da una situazione sentimentale o amorosa ), dico solo che alcune volte è necessario più coraggio per abbandonare ( prendendo atto che una certa situazione è finita e che prolungarla sarebbe solo prolungare un'agonia )piuttosto che tirare a campare facendo il male di entrambi. In sostanza non prendendosi le proprie - adulte - responsabilità.
    Vedrai oggi stesso - nelle pubblicazioni che farò- che non esiste solo una " pars destruens " della situazione, ma anche una " pars costruens" , nel senso che l'abbandono può essere portatore del rinnovamento della persona, facendoci scoprire a volte parti di noi che neppure sapevamo di avere, tutte prese in una sorta di lotta( e di spreco di energie ) per mantenere un rapporto logoro " a tutti i costi".
    E quando in un rapporto i " costi " superano " i benefici ", va lasciato. E' una " legge di sanità mentale ", oltre che di mercato.
    Abbi un tempo buono.

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  3. Grazie ancora, cara Frida! Sono parole di una verità e chiarezza esemplare.

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  4. Chiedo scusa: la dedica era per la sorella Pamela!
    E grazie a te, Annamaria, per avermi permesso un approfondimento su un tema che mi pare importante e di attualità.

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